mercoledì 21 gennaio 2015

Storia di Jean Seberg, la diva suicidata dal potere

Dal blog Perdentipuntocom scegliamo un articolo che tratta di Jean Seberg (1938-1979), la diva americana di Fino all'ultimo respiro di Godard, che ebbe carriera e vita distrutte dal Federal Bureau a causa del suo impegno politico a fianco delle Pantere Nere.
A mo' di introduzione riportiamo l'estratto da un altro articolo, a firma John Kleeves, dal sito Bye bye Uncle Sam:
"La Seberg ... debuttò nel 1957 con Saint Joan (Santa Giovanna) di Otto Preminger e quindi lavorò regolarmente. Fra gli altri film ricordiamo Bonjour Tristesse (Idem, 1958) sempre di Preminger; The Mouse That Roared (Il ruggito del topo, 1958) di J. Arnold, con P. Sellers; A bout de souffle (Fino all'ultimo respiro, 1960) di J.L. Godard, con J.P. Belmondo; A Fine Madness (Una splendida canaglia, 1967) di I. Kershner, con S. Connery; Pendulum (Idem, 1969) di G. Schaefer, con G.Peppard. Per la fine dei Sessanta era una diva conclamata, al livello di Jane Fonda, e arrivò all'apice nel 1970, quando uscirono ben quattro film che la vedevano protagonista: il grande successo Airport (Idem) di G. Seaton, con B. Lancaster, D. Martin, V. Heflin, J. Bisset e G. Kennedy; Paint Your Wagon (La ballata della città senza nome) di J. Logan, con C. Eastwood e L. Marvin; Macho Callaghan (Idem) di B. Kowalski, con L.J. Cobb; e la produzione italiana Ondata di calore di Nelo Risi.
Erano però gli anni del movimento per i diritti civili dei neri e delle Pantere Nere. L'FBI era stato incaricato dal Congresso di eliminare tali movimenti, usando i mezzi repressivi consueti per il regime statunitense: false accuse giudiziarie; persecuzioni dell'IRS (Internal Revenue Service, il fisco americano) e della DEA (Drug Enforcement Agency, l'antinarcotici); licenziamenti da parte dei datori di lavoro; diffamazioni; omicidi anonimi per strada compiuti da agenti travestiti ... Il programma preparato dall'FBI in merito era stato chiamato COINTELPRO ... La Seberg in privato era sempre stata simpatizzante del movimento dei neri e raggiunta la grande notorietà nel 1970 pensò di usarla per pubblicizzare la causa. L'FBI la inserì nelle liste di COINTELPRO, e poco dopo venne da sé una occasione di diffamazione: la Seberg era incinta e al momento adatto l'FBI concertò una campagna di stampa insinuando che il padre era un leader delle Pantere Nere. Appresa la notizia la Seberg entrò nelle doglie e diede alla luce un bambino prematuro che morì tre giorni dopo, l'8 settembre 1970. La donna, sgomenta per tanta malvagità, non riuscì mai a superare il trauma; tentò subito il suicidio, e di lì in poi avrebbe ripetuto il rito ad ogni anniversario della morte del piccolo.
Intanto tutti in America l'avevano abbandonata; nessun produttore poteva offrirle parti, nessuno dei colleghi di ieri - Eastwood, Lancaster, Marvin, Peppard, Connery, Sellers e così via - si azzardò a offrirle sostegno, anche solo morale ... L'8 settembre 1979, a Parigi, il suo decimo tentativo riusciva e moriva suicida. Da allora l'USIA ostacolò la riprogrammazione dei suoi film ovunque poté, certo in Italia, perché la gente non doveva focalizzare sulla donna e la sua vicenda. Ecco perché pochi ora ricordano Jean Seberg".
Ed ecco l'articolo di Alessio Altichiari
Qui la fonte originale

Per me, ancor più di Brigitte Bardot, Jean Seberg, americana a Parigi, ha incarnato l'icona femminile del cinema francese anni sessanta, con il suo casco d'oro, emblema della femminilità parigina. Certamente il suo è stato un suicidio, ma come dichiara anche il figlio, credo proprio che l'FBI abbia fatto il possibile per renderlo attuabile. Lei, nata a Marshalltown, Iowa, 3 matrimoni con  François Moreuil (1958-1960), Romain Gary (1962-1970), Dennis Charles Berry (1972-1979), ma anche molte altre relazioni (sapevate che BB ha fatto sesso con Jimy Hendrix, incontrato all'aeroporto a Parigi nel '68?).
“Vuoi fare l’attrice?”, le chiesero al suo primo provino, a soli 17 anni. “Very badly”, rispose lei. Di tutte le principesse tristi esistite e tragicamente finite, Jean Seberg è una di quelle che viene ricordata meno. Nata a Marshaltown, in Iowa, Jean fu una delle ‘vittime’ della maledizione legata al ruolo di Giovanna d’Arco. Otto Preminger la volle come protagonista di quello che oggi verrebbe considerato un blockbuster; la ricerca per il ruolo di Santa Giovanna fu la più pubblicizzata al mondo dai tempi di Rossella O’Hara. Jean finì su 'Life Magazine', ma non ebbe la copertina. Questa sembra essere la cifra che ha caratterizzato tutta la sua vita: nota, ma mai famosa, attrice, ma mai diva. Era l’attrice carina che piaceva, quella che “sì, l’ho vista da qualche parte”, ma di cui mai nessuno si ricordò davvero. La sua vita fu breve, ma intensa – e non è la solita frase banale. I suoi 40 anni furono davvero molto vissuti, con quattro matrimoni, attivismo politico, malattie depressive, la perdita di una figlia appena nata e tante, infinite stroncature da parte della critica.

“I soldi non possono comprare la felicità. Ma la felicità non è tutto”. Forse l’unico modo per capire le scelte personali di Jean Seberg, specie il suo matrimonio con Romain Gary, è ricordare queste sue parole.
Nel 1959 Jean-Luc Godard la volle come protagonista per il suo Fino all’ultimo respiro, magnifico esercizio di stile dall’esile trama, che giocava a rompere gli schemi. Jean era perfetta proprio perché, da attrice insesperta qual era, guardava dritta in macchina, fornendo infinite inquadrature enigmatiche all’autore che puntava a demolire gli schemi del linguaggio cinematografico e a dichiarare l’autorialità assoluta del realizateur. Da quel momento Jean divenne la musa incontrastata della Nouvelle Vague e un’icona di stile. Il suo taglio garçon era il più imitato in tutta la Francia, il look “preppy” à la Seberg fece epoca tra le donne di Parigi. Eppure, quello della giovane americana Patricia Franchini, sebbene fu il ruolo che la rese una diva angelicata, fu anche la sua trappola. Ancora oggi Jean viene identitifata con ‘la protagonista del film di Godard’, quella che si passa il dito sulle labbra in un lungo primo piano alla fine del film.


Dopo l’attrice inanellò un film sbagliato dopo l’altro, interpretando spesso ninfomani, poligame e donne di facili costumi. Il suo ruolo preferito rimane quello in Lilith - La dea dell'amore, di Robert Rossen, al fianco di Warren Beatty, che le valse la nomination come Miglior Attrice in un Film Drammatico ai Golden Globe del 1965. Quando lo girò, era sposata già da due anni con il suo secondo marito, il romanziere russo Romain Gary, da cui aveva avuto un figlio, Alexandre Diego Gary, nel 1963, ed era già entrata a far parte dei sostenitori delle Pantere Nere. Jean lo seppe solo molto tempo dopo, ma la CIA e l’FBI controllavano costantemente la sua casa e i suoi movimenti. Altre attrici sue amiche, come Jane Fonda e Vanessa Redgrave, sostenevano cause importanti, ma la parità di diritti tra bianchi e neri non era molto tollerata nell’America di quegli anni. Quando Jean rimase incinta di nuovo, nel 1970, i giornali iniziarono a scrivere che avrebbe messo al mondo un figlio mulatto, concepito con Raymond Hewt, allora leader delle Pantere Nere. L’attacco fu talmente pesante che i nervi di Jean iniziarono a cedere. La bambina, alla quale fu dato il nome di Nina, nacque prematuramente a causa dei calmanti e degli antidepressivi dei quali Jean aveva iniziato a fare largo uso. Per rispondere allo sciacallaggio della stampa, che le provocò anche problemi con i suoi genitori, l’attrice mostrò ai fotografi il corpo morto, e bianco, della sua piccola creatura.

Per la prima volta tentò il suicidio ingerendo una dose massiccia di barbiturici. Ripeté l’atto una volta l’anno, per otto anni, il giorno del compleanno della sua bambina. Nel frattempo il matrimonio con Gary, che non perdeva occasione, in privato e nei suoi racconti, di sbeffeggiare l’attivismo di Jean, naufragò. L’attrice ammise, anni dopo, che sebbene Romain avesse riconosciuto Nina come sua figlia, lei ebbe una storia passionale con uno studente contestatore di nome Carlos Navarra, durante un periodo di forte crisi con suo marito che portò a una separazione momentanea. I due matrimoni seguenti furono con due registi che poterono realizzare i loro film d’esordio solo grazie allo sfruttamento della notorietà della loro bella moglie. La critica stroncava sistematicamente queste pellicole e intanto il suo quarto matrimonio, con il playboy algerino Ahmed Hasni, non le veniva ufficialmente riconosciuto, in quanto mancava di ogni valore legale. Nel 1979 Jean Seberg morì suicida, sul sedile posteriore di un’automobile (era completamente nuda) che fu ritrovata in un parcheggio di Parigi solo undici giorni dopo la sua morte. Il suo corpo riposa nel cimitero di Montparnasse; al suo funerale intervennero artisti, nobili e personaggi importanti della cultura e dell’arte, come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. Alcune teorie cospirative sostengono che il suicidio non sia stato la causa della morte di Jean Seberg, la quale, avendo tentato innumerevoli volte di togliersi la vita, avrebbe fornito alla CIA l’alibi perfetto per insabbiare il suo omicidio. Nessuno è mai riuscito a provarle, né a far aprire un’indagine degna di questo nome.
"Qual è la massima aspirazione della sua vita?" chiese una studentessa.
"Desidero divenire immortale e poi morire" rispose lo scrittore.
Una frase, una profezia, racchiusa in un idilliaco minuto di uno dei capolavori della storia cinematografica: Fino all’ultimo respiro di Godard.
Jean Seberg, (nel film citato interpreta l’aspirante giornalista), seguirà alla lettera questo diktat divenendo un'immortale stella del cinema per poi abbandonarsi al declino del gesto fatale: il suicidio. "Forgive me. I can no longer live with my nerves", sarà il suo biglietto d’addio. Se la vita diviene una gabbia dall’aria pesante, il successo, non basta. Gli amori sbagliati, le persecuzioni, la sfortuna, l’animo debole, non è mai un solo atto a dare forza di volontà allo sconforto cupo, tanti ingredienti costituiscono la miscela esplosiva dritta verso la porta chiusa, quella soglia dell’aridità nel sentire il calore degli intimi, quel luogo di distacco colpevole formatore di volontà tetragone. Fu così anche per Jean, tanti piccoli gesti, qualche caduta, la spinsero a scatti verso un disegno lugubre, ma prima, prima, era esistita solo la luce della ribalta: acceccante, egocentrica e solitaria...
Le luci e le ombre
Jean diciannovenne comincia la sua carriera artistica attraverso un arduo provino: 18.000 candidate per la parte di "Sainte Jeanne", (Giovanna D’Arco), sotto la direzione del celebre Otto Preminger. Il film si rivelò un fallimento, nonostante fosse stata scomodata la penna di Graham Green per la sceneggiatura. I critici unanimi addossarono ogni colpa del fiasco a Jean, ottima scelta visiva, pessima la sua resa artistica. Jean si aspettava una parola di difesa da parte di Otto Preminger, quell’azione di riscatto non arrivo' mai. Tre anni dopo, l’attrice otterrà più del successo, a fianco di Jean-Paul Belmondo reciterà in "Fino all'ultimo respiro", consacrandosi come simbolo femminile della nouvelle vague. La sua carriera, grazie al film di Godard, decollerà e le pellicole realizzate tra Hollywood e la Francia saranno trentasette. Alla faccia di chi non la considerava artisticamente brava…Free Image Hosting at www.ImageShack.us
"Molto carina, una giovane eccitante ragazza, un pò volgare e non intellettualmente all'altezza del nuovo marito" queste sono le parole della scrittrice inglese Lasley Blanch, che a causa di Jean divorzierà dall'autore e diplomatico Romain Gary. Tra Romain e Jean, vi era a sfavore dell’uomo, una differenza d’età di 24 anni. Il matrimonio tra Jean e Gary durerà poco tempo. Lui dopo aver scoperto, sul set di "La ballata della città senza nome", la relazione della sua giovane moglie con Clint Eastwood, sfiderà a duello l’amante, Clint rifiuterà il confronto.
La sfortuna in campo sentimentale costerà a Jean tre divorzi e uno scandalo legato alle Black Panters. L’attrice era stata vicina alla causa delle Black Panters donandogli appoggio e denaro, un tempo aveva avuto una relazione con un militante in vista, Hakim Abdullah Jamal, lui aveva abbandonato moglie e figli per seguirla a Parigi.  Nel 1970, quando la Seberg era ancora sposata con Romain Gary, l'Fbi fece girare la falsa voce che l'attrice fosse incinta di un membro delle Black Panters, tale notizia provocò ingenti danni all’immagine pubblica dell’attrice.
La strategia dell’Fbi contro la Seberg
Una persona fittizia avrebbe dovuto inviare una lettera a un giornale di gossip nella quale sosteneva di esser un confidente della coppia e di aver incontrato per caso l'attrice con il marito Gary per strada, in quell’occasione, Jean avrebbe rivelato un segreto legato alla gravidanza al presunto autore della lettera. L’FBI decise di mettere in campo questa strategia non appena la gravidanza diventò evidente. Nel maggio 1970 la notizia uscì sul Los Angeles Times, non si riferirono apertamente alla Seberg ma a una 'Miss A.', star del cinema internazionale che aveva supportato le Black Panters, e si disse, era incita di uno di loro. Jean lesse l'articolo quando si trova in stato interessante di sette mesi.
La figlia, Nina, nacque il 23 agosto e morì due giorni dopo.
Ogni anno, in occasione dell'anniversario della perdita della bambina, la Seberg tentò il suicidio sino al triste epilogo del 1979…
Una guardia notò una Renault abbandonata da dieci giorni in un lussuoso quartiere residenziale, dentro l'auto il corpo decomposto di una donna, accanto a lei, una bottiglia d'acqua e delle scatole di barbiturici. Quella donna era Jean Seberg. Romain Gary accuserà l’Fbi.
L'immortalità, dietro ai lustri della ribalta, può avere un prezzo molto alto.
Jean, l' amore segreto di Fuentes
L' attrice, perseguitata dall' Fbi, mori' suicida a Parigi nel 1979 "Era una donna difficile ma affascinante. Aveva tutti gli elementi dell' autodistruzione"
Della tragica vita di Jean Seberg, l'attrice che si tolse la vita a soli 41 anni, ci fu anche un capitolo d' amore sconosciuto con lo scrittore messicano Carlos Fuentes. E ora Fuentes, avvicinandosi alla settantina, ha deciso di rivelare il segreto. Fu una passione breve, ma violenta e carica d' erotismo, che accarezzò' la sensibilità di Fuentes, autore del sensuale "Aura". Ma fu anche, per la fragilita' di Jean Seberg, il lungo prodromo di un dramma annunciato, puntualmente giunto al suo epilogo. Cosi' , per raccontarlo, Fuentes ha abbandonato il "realismo magico" che, con Garcia Marquez e altri scrittori latino americani, lo porto' alla fama negli anni Sessanta e Settanta. Ed e' sceso, per una volta, al libro verità. "Diciamo che nel libro c'è Jean Seberg al settanta per cento, che è già molto. Il resto viene da altre donne che ho conosciuto o, piu' importante, inventato", dice Fuentes per spiegare Diana. The Goddess who hunts alone, che esce in questi giorni da Bloomsbury. Perche' non c'è dubbio che Diana, la dea che va a caccia da sola, sia l' attrice, se nel racconto (arduo chiamarlo romanzo) entrano personaggi reali come William Styron, lo scrittore, o una fugace Tina Turner, la cantante, e si nomina anche Romain Gary, l' ultimo marito della Seberg. E se di lei ci sono le tessere che fanno il mosaico: da Giovanna d'Arco che recito' per Otto Preminger, all'impegno per il Black Power. Una Jean che parla pero' con le parole di Fuentes, e le sue idee. Scrivendo in forma di diario, il narratore di Fuentes dice di avere conosciuto Diana a un party di fine d' anno, nel 1969. E non ci furono corteggiamenti, se "in quel lungo, meraviglioso primo gennaio 1970, in una suite dell' Hilton, non ci curavamo di andare in giro vestiti, ma solo avvolti negli accappatoi se entrava qualcuno del room service". E le candide tenerezze della passione: il senso di beatitudine, la scoperta d' essere entrambi Scorpione, la comune attrazione per quella parola francese, "de' sole' ". Fuentes ricorda come il profumo del corpo di lei gli risvegliasse un' ossessione quasi culinaria, ne' osa ricordare la sua lingerie: "Una provocazione, un dono, una follia". E lei, sedendosi in braccio a lui, fingeva di avere dieci anni... Fuentes e' un uomo dalla vita piu' lunga dei suoi 67 anni. Nato a Panama (per via del padre diplomatico) da genitori messicani, cresciuto a Washington, in Cile, in Messico, scrittore di libri di grande successo, come "Zona sacra", o adottati dal cinema, come "Il vecchio Gringo" sulla vita di Ambrose Bierce, e' un cosmopolita incurabile. La lingua dei sogni Dopo avere lavorato in organizzazioni internazionali e all' Onu, fu anche ambasciatore americano a Parigi. E se ora si divide fra Citta' di Messico e Londra, dove preferisce scrivere, non abbandona lo spagnolo: "Perche' e' la lingua con cui sogno, faccio l' amore, insulto la gente", racconta al Daily Telegraph parlando del nuovo libro. Il mondo, per Fuentes, pare tagliato sulla sua misura. La disperata Jean Seberg veniva invece dallo Iowa, e fin dai 14 anni, quando s' iscrisse all' "Associazione nazionale per l' avanzamento della gente di colore", fu etichettata come comunista. Le fu normale quindi, dopo il successo di "Fino all' ultimo respiro", del 1959, dove Jean Luc Godard l' accosto' al giovane Belmondo, stabilirsi in Francia. Ma la persecuzione dei servizi americani non termino' . Racconta infatti Fuentes: "Si' , era una donna difficile. Ma affascinante. C' era qualcosa di commovente in lei, verso la fine, perche' aveva tutti gli elementi dell' autodistruzione. Ma non era una Monroe. Perche' se Marilyn era come un bambino sperduto, Jean Seberg era molto piu' dura. Ma non dura abbastanza da sopravvivere all' Fbi". C' e' una parte del libro che non si sa se identificare come realta' . Dopo una sera di passione, il narratore si sveglia nel cuore della notte e sente Diana parlare al telefono. Allora alza un altro ricevitore, e ascolta una drammatica conversazione tra lei e un uomo, che evidentemente appartiene alle Pantere Nere. Lei dice che vorrebbe essere nera, s' umilia scambiando intimita' sessuali con lo sconosciuto all' altro capo del filo. E quello l' insulta, la chiama "puttana bianca", la spinge a commettere un crimine "come un nero, per pagare da nero, perche' nessuno avra' pieta' ". E quando sta per pronunciare il nome Diana, lei lo ferma, per timore di un' intercettazione. L' uomo, pero' , la irride: "Quelli sanno tutto, quelli ascoltano tutto". Finzione o no, e' vero che Jean Seberg era spiata. Per i suoi rapporti col Black Power, l' Fbi le dichiaro' guerra: quando nel 1970 rimase incinta, mando' lettere ai giornali dicendo che il padre del bambino era un leader delle Black Panthers. Ed Edgar Hoover, capo dell' Fbi, consiglio' solo di ritardare la campagna, finche' la maternita' fosse piu' evidente. I giornali tacquero, meno il Los Angeles Times, che racconto' la calunnia nella rubrica dei pettegolezzi. Jean Seberg tento' il suicidio, poi partori' una bambina, nata morta. Ma la neonata era bianca, la diffamazione fu smascherata e l' ultimo marito della donna, il romanziere e diplomatico Romain Gary, benche' avesse intrapreso gia' le pratiche di divorzio, rivendico' la tragica paternita' . Un inferno di alcool e droghe Anche Fuentes era nel mirino, ma della Cia: "E' incredibile, vedevano comunisti sotto ogni sombrero". Ma quando i dossier furono aperti, non si lamento' perche' era in buona compagnia: c' era Garcia Marquez, c' era Graham Greene, e Michel Foucault, Yves Montand, Simone Signoret, Pablo Neruda, perfino Iris Murdoch: "Quando Garcia Marquez e io scrivevamo sceneggiature, ci stupivamo che ci fosse negato il visto per gli Stati Uniti, dato che i nostri libri erano liberamente in vendita. Ridicolo: forse non pensavano che fossero pericolose solo le nostre idee. Sul serio credevano che se fossimo entrati avremmo fatto saltare un ufficio postale?". Ma, a differenza del cosmopolita Fuentes, la fragile Jean Seberg non resse alle pressioni. La vita dell' attrice divenne un inferno di alcool, droghe e relazioni di breve durata. L' ultimo suo compagno, un attore algerino, trasloco' da un appartamento ai piani alti perché' temeva che lei si buttasse di sotto. L' 8 settembre 1979, la polizia di Parigi decise di dare un' occhiata in una Renault che pareva abbandonata da dieci giorni, e trovo' il corpo di Jean Seberg, gia' in decomposizione, accanto a una confezione di barbiturici: la sua pelle era macchiata da bruciature di sigaretta, che probabilmente s' era inflitta da sola. Aveva soltanto 41 anni. Tre mesi dopo, l' ex marito Romain Gary si sparo' un colpo di pistola, dopo aver lasciato un biglietto per dire che il suo suicidio non aveva nulla a che vedere con quello della donna. Invece Carlos Fuentes, evidentemente, non vuole che il ricordo di Jean Seberg vada perduto. E quale memoria possa essere lo rivela una frase del libro, simile a un indizio, quando l' anonimo narratore abbandona Diana Jean per colpa della sua infedeltà' : "La gelosia uccide l' amore, ma lascia intatto il desiderio".


Nessun commento:

Posta un commento