lunedì 10 giugno 2013

Un ricordo di Augusto Omolù

Giovanna Nicolai

Care amiche, cari amici,
è troppo triste quello che è successo a Lisa Ginzburg, nostra amica scrittrice che di recente, con un gesto di grande generosità, ha donato parte del suo patrimonio di libri a Plautilla. La tragica morte del suo sposo brasiliano Augusto Omolù rende il mondo più povero e rende noi tutte e tutti che gli abbiamo voluto bene e che continueremo a amarlo addolorati e schiaffeggiati per una violenza che non conosce limiti. Per questo il nostro circolo di lettura Monteverdelegge vuole stringere in un forte abbraccio Lisa, Alina la sua bimba, i suoi parenti, gli amici. Per questo ho l’onore di ricordarlo, come amica di Lisa e di Augusto.
Augusto, nato cinquant’anni fa a Salvador di Bahia, era un uomo stupendo, che ballava come un angelo, e come un angelo sapeva esserti amico. Augusto Omolù aveva iniziato a danzare negli anni ’70 con l’ensemble Viva Bahia e nel suo percorso di artista e coreografo esperto di tecniche afro-brasiliane aveva incontrato la compagnia di Eugenio Barba. Con l’Odin Teatret, teatro stabile a Holstebro in Danimarca militante e nomade nella ricerca antropologica nel mondo, per lunghi anni Augusto ha condiviso la sua carriera di attore, di coreografo e ballerino, di insegnante e ha portato nel mondo le danze Orixas, scambievole contributo di alto livello professionale.
Onore e fortuna sono due parole che esprimo per aver conosciuto Augusto.
Le sue esperienze spirituali con la tradizione Candomblé, dove era Ogan, assistente cerimoniale, ritengo contribuissero a fare di lui una persona che guardando negli occhi riconosceva e si lasciava riconoscere. Considero un onore e una fortuna aver conosciuto Augusto come compagno e poi sposo di Lisa e insieme a lui, Eugenio, Jan, Iben, Giulia, Kai, Roberta, Torger, Patricia, Tage, Lorenzo, Franz, Else Marie, Lina e Ulrik, e tutte le persone vicine all’Odin. Amici, figlie e figli, sorelle e fratelli, Elis, Gustavo…, professori di teatro, Ferdinando, Mirella, Clelia, Ferruccio, Emanuela, Daniela che ballando con lui in discoteca si è sentita una star, scrittrici come Lisa appunto, poeti come Ulrik, scrittori come Antonio Tabucchi e molte altre persone delle quali non avrò scritto il nome o che non ci sono più, ma che ugualmente, dalla loro interiore ricchezza, piangono o avrebbero pianto Augusto insieme. Sono grata per lo spazio che Monteverdelegge ha offerto per questa preghiera in memoria di Augusto e della sua scomparsa avvenuta in un tragico mattino, il due giugno 2013, iscritta nel ciclo delle lunghe perdite.
Il destino della nostra amicizia origina dalla prima volta che ho visto danzare Omolù a Torino nello spettacolo di Barba Le grandi città sotto la luna. Bellissimo il lavoro del gruppo teatrale, sensibile e perfetta la danza di Augusto! Emozionata ero con Lisa, allora sua compagna, nel 2005 e sempre sono stata felice di rivederlo, sul palco come attore e nei giorni e nelle serate amichevoli contenta in sua compagnia.
A Parigi in quello splendido teatro che si chiama la Cartoucherie diretto da Arianne Mouskine e nella casa di rue Sainte-Anne, a Holstebro, a Copenaghen, a Roma al teatro Ateneo, a Gallipoli, e in tanti luoghi e teatri fantastici. Anche a Ravenna, nell’estate dell’anno 2006 in un magnifico spazio all'aperto, giardino di una nobile dimora fra i ciliegi, dove Augusto era Amleto, e tanto ancora.
L'ultima volta che ho visto Augusto Omolù, è stato a casa di Lisa a Roma, alla Garbatella. Mentre mi occupavo di Alina, la loro piccola, le davo la pappa nel giardino della piazzetta sotto casa, Lisa e Augusto preparavano la partenza per Parigi.
Ancora sorrisi e il saluto dal taxi che portava la famigliola in aeroporto. Vedrò sempre Augusto nel volto di Alina e nello sguardo che sua madre Lisa, la mia cara amica, le ha trasmesso.
Grazie per leggere queste righe!
Giovanna Nicolai
P.S. Vorrei citare questa poesia per salutare Augusto e lasciarlo andare leggero in un mondo pieno di amore e di pace. Grazie ancora!

E’ vero, come ha detto qualcuno, che
in un mondo senza paradiso tutto è addio.
Sia che tu saluti con la mano o no,
è addio, e se non ti salgono lacrime agli occhi
è addio lo stesso, e se fingi di non accorgerti,
odiando ciò che passa, è addio lo stesso.
Addio e basta. E le palme nel piegarsi
sulla laguna verde e splendente, e i pellicani
in picchiata, e i corpi lustri dei bagnanti che riposano,
sono stadi in un’immobilità estrema, e il movimento
della sabbia, e del vento, e le movenze segrete del corpo
sono parte dello stesso insieme, una semplicità che trasforma l’essere
in occasione di lutto, o in un’occasione
per cui valga far festa, perché che altro si fa,
nel sentire il peso delle ali dei pellicani,
la densità delle ombre delle palme, le cellule che scuriscono
le schiene dei bagnanti? Sono al di là delle distorsioni
del caso, oltre le evasioni della musica. La fine
è messa in atto senza tregua. E la sentiamo
nelle lusinghe del sonno, nella luna che matura,
nel vino mentre attende nel bicchiere.
(da Mark Strand, Porto oscuro, 1993)


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