giovedì 25 aprile 2013

Nell'estetica di Newton l'edonismo della nuova borghesia

Il primo scatto d’autore di Helmut Newton, un nudo dell’attrice Charlotte Rampling, è così descritto: “La linea sinuosa della schiena, con lo sguardo fisso in camera. Nuda, vestita solo della sua bellezza, tra l'opulenza di un arredamento d'alto antiquariato”. Una notazione preziosa poiché riassume in un guscio di noce tutta l’estetica del fotografo berlinese (e americano d’adozione), turgida di cattivo gusto e altrettanto vincente nell’assecondare il montante edonismo delle nuove classi borghesi.
Non sappiamo se fu cosciente di tale complicità (in tal caso fu uomo assolutamente astuto) o se fu uno dei casi in cui l’esprit du temps riesce a concretarsi nella produzione individuale di un artista di sensibilità superiore. In entrambi i casi va riconosciuto alle sue creazioni un rilievo sociologico e documentario di assoluto livello pur nell’insignificanza artistica.
Fu sicuramente un precursore. Egli nacque nell’ambiente della moda (pubblicò in gran parte su Vogue) e, quindi, della pubblicità; e dalla pubblicità trasse l’unica, ma potentissima linea guida del proprio operare: épater le bourgeois, sbalordire il borghese, la nuova massa. In pochi anni, infatti, a partire dalla metà dei Sessanta, in tutto il mondo occidentale (con ritardi più o meno accentuati fra le varie nazioni), i ceti medi abiurano definitivamente le vecchie ideologie di riferimento (famiglia, stato, religione) sostituendovi un  permissivismo consumista e totalizzante. Il borghese si ritrova quindi libero da reticenze e lacci morali fino a poco tempo prima asseriti da autorità secolari: il nuovo cielo è libero da nubi; ciascuno può osare tutto, purché consumi, ovvio.
Newton attizza le pulsioni del nuovo individuo in libera uscita dall’antico ordine morale sostanzialmente in due modi.



Il primo consiste nell’uso massiccio delle categorie pubblicitarie dell’inatteso e della sorpresa tramite il corto circuito fra nuovo mondo consumista, permissivo ed eccitante, e l’ordinamento tradizionale in via di abbandono, chiuso e deprimente: abbiamo, ad esempio, modelle che fumano ostentatamente e sfacciatamente lunghi sigari (metafora d’una inversione di ruolo sociale col maschio dominante); modelle, adeguatamente scostumate, alle prese con lavori una volta riservati alla figura femminile repressa: lavandaie, stiratrici (ancora la sovversione-trasgressione dei pregressi ruoli paternalistici); modelle seminude accanto a simboli di ideologie totalitarie (cristiani o nazisti non fa differenza, entrambi appartengono ad un mondo freddo e distante, lontano anni luce dal tepore dei nuovi tempi).
Il secondo grimaldello, di gran lunga più potente, consiste nel vellicare gli istinti a lungo repressi del ceto medio mediante allusioni esplicite alle più varie parafilie sessuali. Il ricorso a tali mezzucci è così sistematico da ingenerare il sospetto che Newton abbia operato a tavolino con l’ausilio di un Bignami delle perversioni: esibizionismo (ostensione di nudità in ambienti urbani), voyerismo (ça va sans dire), feticismo (tacchi, lingerie varia, guaine di latex …), sadomasochismo, travestitismo e omosessualità (sempre da parte femminile), abasiofilia (attrazione verso la disabilità: le serie di modelle sorrette da grucce o ritenute da strumenti ortopedici …), bestialità (modelle alle prese con cani, cavalli, coccodrilli …, in fondo il vecchio tema della bella e della bestia). Il tutto declinato ai limiti della pornografia, poiché il prodotto deve istigare al consumo delle classi medie e medio-alte e non ristare nelle secche di una provocazione urtante e, commercialmente, fine a sé stessa.
Lo stesso opportunismo artefatto dell’epater le bourgeois informa anche i riferimenti colti della sua produzione: egli scimmiotta la statuaria neoclassica, spogliata però d’ogni profondità simbolica, pur elementare, e la grande pittura (ricrea il tableau de La Maya desnuda; tramite uno specchio, in Self-portrait with wife and models, inscrive nello stesso scatto il soggetto, l’oggetto e lo spettatore con un artificio tecnico tratto da I coniugi Arnolfini di Van Eyck e da Las Meninas di Velazquez); oppure ricrea ambienti preziosi (liberty, decò): in tutti i casi egli opera in modo così artificiale e grossolano da non raggiungere nemmeno lo status di midcult (ovvero di chi volgarizza l’alta cultura per abbassarla al consumatore) scivolando verso il kitsch più crasso - un cattivo gusto, certo, patinato e alto, ben diverso da quello da rigattiere destinato alle classi meno danarose.
In lui, al netto del fascino incontestabile del bianco e nero, tutto testimonia di un’epoca fatua, stolida, androgina, irresistibile, e tuttora ideologicamente vincente. Ma, come scrisse Stendhal, basta non confondere tale moda "che non vive se non di cambiamenti, col bello durevole".

Helmut Newton, Palazzo delle Esposizioni, 6 marzo - 21 luglio 2013
Serie fotografiche Big nudes, White women, Sleepless nights

Self-portrait with wife and models
La nuova Maya desnuda

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