sabato 3 agosto 2013

Parola di Capitano / 3

 Franca Rovigatti


INDAGINI

Invece Giona non riposava, anzi. Stava lì accanendosi per cancellare la frase che gli aveva rimesso la mano sul cazzo. Questa volta fu tutto più complicato. Teo aveva aumentato il numero delle parole messe a guardia del gesto.
Liberatosi, temendo di avere offeso l'amor proprio della signorina, tentò uno straccio di conversazione:

Non trova, Mademoiselle, che faccia un gran caldo? Ehm... Lei comunque sta benissimo...

Era vero. Leyla era algida, perfetta. Non reagiva. Non batté ciglio, non sospirò, non disse una parola. Sembrava di cera.
L’intero universo sembrava di cera, caduto dentro le pareti di quella squallida cucina...
L’ondata depressiva lappava i pensieri di Giona, sussurrando che lo strano posto a cui era appena approdato era l’inferno, l’impotenza, il caos…
Che fare, oh dio, che fare?
Il Capitano reagì. Corpo di bacco, se era nato, qualche ragione (scopo, fine) doveva pur esserci! Non poteva (non doveva) abbattersi! Che Capitano era, sennò? Coraggio, si disse. Facciamo qualcosa, pensò. Prima di tutto devo indagare, decise.
E quale modo migliore che leggersi le pagine da cui era appena uscito, entro il cui recinto ancora stava e di cui, vedete, pur essendo sua patria, non ricordava nulla?
 
I capitoli, scritti con scritturina nitida e regolare, stavano lì, a portata di mano. Il Capitano vi si immerse. Entrare non gli fu difficile.
Il titolo era I Polli non hanno Venerdì, con astuto riferimento all'astinenza cattolica dalle carni in quel giorno della settimana, in un’oscura metafora che neanche Teo Marlo sarebbe stato in grado di spiegare. I capitoli scritti ammontavano a otto.
La storia era vergognosa. Uno schifo. Ragioniamo: perché mai sennò il Capitano ne sarebbe uscito? E' chiaro che, là dentro, doveva avere sofferto moltissimo, da morire... Anzi, doveva essere stato proprio l'eccesso di oltraggio a risvegliargli la coscienza...

(Perché non ho dubbi: il sorgere di coscienza non richiede un corpo -carne, nervi, sangue-, non postula un cervello. In casi limite -e questo, accidenti se lo è!- neppure l'esistenza è necessaria. L’ingrediente cruciale è l’eccesso di oltraggio. )

Leggendo le pagine costellate di frasi fatte (uno dopo l’altro si snocciolavano "primi mattini del mondo", "fughe senza fine", "paradisi terrestri"), Giona gemeva, sussultava. Perché, essendone il protagonista, non era solo che le leggeva, ma le cose gli accadevano. Veramente! Ci stava dentro: dentro ogni virgola, eccome!
Fosse stato un buon libro, ok, si sarebbe anche fatto un viaggio. Ma trattandosi, come si è detto e ripetuto, di un libraccio, tutto era fasullo, posticcio. Una tortura.

Capitolo per capitolo, per sommi capi, la storia è la seguente.

Primo Capitolo. In cui Giona si perde nei bassifondi di New York, e si dà al bere. Viene malmenato nell’ordine da: tre spacciatori di coca colombiana, una gang di ragazzini strafatti di crack con su l'apparecchio per i denti, una banda di barboni, un gigante con un pinguino tatuato sul petto, che, mentre lo pesta, si sganascia dalle risate. Tutto livido, sanguinante, ubriaco perso, il Capitano una notte incontra Gea, spogliarellista in un localaccio della Bowery, ma di animo buono e generoso. Gea salva Giona con il suo amore. Nel giro di pochi giorni, il Capitano è redento, ha completamente risolto la sua dipendenza dall'alcol, è ben vestito e azzimato: blazer blu, pantalone grisaglia, camicia oxford azzurrina e cravatta regimental. Comincia a vergognarsi di Gea e dei suoi denti guasti.

Secondo Capitolo. In cui Giona abbandona Gea. La quale, disperata, gli scrive una lunga lettera e si impicca ad un trave della sua squallida soffitta. Giona ora abita in un loft della Quarantasettesima, e frequenta la Quinta Strada. Nella hall del Waldorf Astoria, una sera incontra un grassone ricchissimo con cui si scola tre Martini. E' Mr. Unknown, che lo ingaggia per far luce su un misterioso traffico di carne surgelata di pollo. Una carne di strana consistenza, proveniente forse dall’estremo sud dell’Argentina, il cui prezzo stracciato sta rovinando il mercato internazionale del pollame.

Terzo Capitolo. La mattina dopo Giona si reca nei sancta sanctorum dell'alta finanza. Alla Borsa di Wall Street, mentre le grida rumoreggiano a diapason insostenibile, viene ridotto in un angolo e selvaggiamente malmenato da tre broker che l'hanno scambiato per un'altra persona. Poi, nei sotterranei di uno dei Twins, ha un dialogo illuminante con un vecchio immenso computer di prima generazione. I due parlano per ore del destino, di Dio e degli hotel de charme. Qualche sera dopo, in una galleria trendy del Greenwich Village, al vernissage di un astrattista italiano che dipinge fegatelli di pollo, Giona incontra Moira von Thule, bellissima figlia di un magnate del petrolio texano di oscure origini. Moira si innamora di lui, e gli propone di fuggire insieme "dove vuole il Destino, verso l'Avvenire". Il Capitano passa due notti di fuoco nel suo splendido appartamento con vista su Central Park, ma poi la lascia, dicendo: "Il Dovere mi attende, amore. Un giorno forse ci incontreremo ancora..."

Quarto Capitolo. Chi invece Giona incontra al bar del Pierre, è Mr. Unknown, che però appare completamente cambiato. Magrissimo, due enormi baffi interrompono l'ascetismo di un volto fanatico. Messo alle strette, confessa a Giona che si camuffa sempre, e che lui stesso, ormai, non sa più qual è il suo vero aspetto. In un discorso di difficile interpretazione, Mr. Unknown fa cenno per ben tre volte ai "pinguini" e si fa sfuggire un'oscura frase sulle "rotte antartiche". Consegna a Giona una valigia, e si allontana lugubre, mormorando tra sé "EvenMe, EvenMe", interiezione che il Capitano ovviamente interpreta come "Anch'Io, Anch'Io". Tornato nel suo loft, Giona apre la valigia, trovandovi 30.000 $ in tagli da 1 $ con i numeri di serie annotati. In fondo alla valigia c’è una mappa dell'Antartide e una lettera firmata Gay EvenMe in cui si propone ad una potente multinazionale di mangime per animali l'acquisto di una partita di 90.000 tonnellate di carne di pollo surgelata. Misteriosamente, la lettera reca la data del giorno successivo. Giona, per quanto confuso, decide di partire per l'Antartide. Prende accordi con il capitano di una nave mercantile, la Good Luck. La sera prima di imbarcarsi, ad un tea-party di beneficenza, intravvede Moira von Thule. La donna indossa un cappello di paglia adorno di fiori, ma gli appare invecchiata di vent'anni. Giona scappa agitato dal salone pieno, del resto, di vecchie galline. La notte, ha un sogno angoscioso in cui suo padre, umile contadino svizzero, gli mostra una catasta di cadaveri di pinguini. Li sta seminando nel piccolo campo accanto al cimitero.

Quinto Capitolo. Dopo un buon inizio di navigazione, la Good Luck, colpita al largo delle coste del Brasile da un tremendo fortunale, si inabissa drammaticamente. L’unico sopravvissuto, il Capitano (che è riuscito a salvare anche la preziosa valigia incatenandola alla caviglia), viene gettato dalla forza dei marosi su una spiaggia deserta. Ripresosi, Giona cerca invano di aprire la valigia. Si è scordato la combinazione! Si addormenta esausto, e sogna che sua madre, segaligna massaia svizzera, gli dà i numeri. Al risveglio, utilizzandoli, il Capitano apre la valigia, e stende diligentemente sulle dune i 30.000 biglietti da 1$, zuppi di oceano. Due loschi individui sangue-misto, sfregiati e tatuati, passando per caso lungo la spiaggia, adocchiano lo straordinario bucato del Capitano, e decidono di impadronirsene. Mentre lui sonnecchia, lo pestano con metodo. Giona sviene, e i due iniziano a raccattare il bottino. Ma si stufano presto, e la perdita si limita a 1348 $. Il Capitano rinviene tra le possenti braccia di José, bel giovanotto indio di tendenze omofile. Dopo un unico bacio appassionato, Giona chiarisce le cose con gentilezza. José, deluso, piange in silenzio sotto una palma. Poi però il bravo ragazzo aiuta il Capitano a raccogliere le residue banconote. A lavoro finito, Giona lo saluta con una cordiale pacca sulle spalle e con la mancia di cinque dollari.

Sesto Capitolo. In una bettola del porto della vicinissima Rio de Janeiro, Giona, con la valigia ancora incatenata alla caviglia, trova un ingaggio come mozzo sulla Poiana del Sud, scalcinato mercantile diretto alla Terra del Fuoco. Il capitano, tale Octavio Rey y do Sur, è uno stregone woodoo: ed evoca, nel buio della bettola, strane creature le cui sembianze coniugano il domestico aspetto del pollo alla più esotica andatura del pinguino. Quella stessa notte, un nerboruto fabbro di Rio libera Giona dalla valigia, lasciandogli sulla caviglia un marchio a fuoco a forma di pinguino. Il Capitano (mozzo) si imbarca. Vita di idillio a bordo della Poiana: l'altro mozzo, con cui Giona divide la cabina, è in realtà una giovanissima fanciulla, tale Justine, in fuga anche lei "dove vuole il Destino, verso l'Avvenire". In una notte di tempesta Giona svergina la ragazza e poco dopo, a Capo San Diego, estrema punta meridionale della Terra del Fuoco, sbarca. Justine lo implora di portarla con sé, ma il Capitano se la scrolla di dosso rudemente. In quel villaggio di poche baracche squassate dal vento, dentro una mescita cadente dove un gruppo di anziani cinesi sdentati fuma grandi pipe d'oppio, il Capitano prova a tirar vaghi accenni ai pinguini. Chi subito abbocca è un arzillo vecchietto alcolizzato, tale Pym Buck, che propone al Capitano un tragitto sulla rotta del Polo a bordo del suo rompighiaccio. Giona accetta con entusiasmo.

Settimo Capitolo. Dopo una settimana di gelida navigazione, nel bel mezzo di un'esilarante sbornia, Pym Buck si suicida con un tuffo che lo sfracella sulla crosta di ghiaccio. Un'ultima irresistibile risata suggella il gesto. Giona recita per lui un solenne Requiem, e si mette al timone. Terrificanti visioni demoniache riempiono il cielo. Con mano ferma, gli occhi fissi alla Croce del Sud, il Capitano conduce la barca ad un gelido, solitario molo. La àncora e benedice, e finalmente entra nel candido deserto di ghiaccio. Procedendo a fatica in una tormenta di neve, Giona vede, lontano lontano, un lumicino. E' la tenda di Joe Crocque-l'-Enfant, individuo gommoso e sinistro, che lo accoglie con complimenti viscidi. Complice un bottiglione di acquavite, Joe si fa sfuggire il nome di Gay EvenMe. Poco dopo, fattosi sentimentale, si lascia andare ad un panegirico sulla bella morte dei pinguini, uno dei più eccitanti spettacoli mai visti... che poi, date le temperature, non è neanche necessario surgelarli... Infine crolla in un sonno rumoroso, pieno di grugniti e rantoli. Il Capitano, che comincia ad avere qualche sospetto, perquisisce la tenda. Trovando un pacchetto di lettere d'amore firmate Gay e una serie di crude fotografie che testimoniano il massacro dei poveri animali.

Ottavo Capitolo. In cui Giona capisce ormai di avere la situazione in pugno, ma vuole portare prove inconfutabili a Mr. Unknown, chiunque egli sia. Per questo la notte successiva si apposta, nonostante i quaranta gradi sotto zero, subito dietro la tenda di Joe Crocque-l'-Enfant.

Il resto (lo sappiamo, no?) porta dritti filati a Jakarta.

Non so voi, ma Giona Missing era sull'orlo di un collasso. Inoltre, a leggerla per esteso, la storia suonava ancora più idiota e demente di quanto non appaia dal riassunto. Il Capitano, per la vergogna, già meditava di far cessare una coscienza appena venuta alla luce.
Già pensava al suicidio.

(3 - continua)

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