lunedì 27 maggio 2013

Alice Ceresa, la lama della scrittura

Ti racconto un libro:
Alice Ceresa, La morte del padre (con Ritratto di Alice di Patrizia Zappa Mulas)
et. al., pp. 76, euro 10

Laura Fortini
Con la medesima precisione chirurgica de La figlia prodiga, 1967, e di Bambine, 1990, Alice Ceresa ha affrontato in tempi sorprendentemente lontani La morte del padre, cui ha dedicato nel 1978 un racconto lungo e meravigliosamente perfetto oggi riproposto per le cure di Patrizia Zappa Mulas, che lo accompagna con un partecipe ritratto della scrittrice (Alice Ceresa, La morte del padre con Ritratto di Alice di Patrizia Zappa Mulas, et al, 76 pp., € 10), che identifica con precisione il posizionamento di Ceresa: scrivere poco per scrivere l’essenziale (come la contemporanea, sua e nostra, Cristina Campo); scrivere come forma di conoscenza, di dissezione analitica di tessuti costitutivi un corpo, pubblico e privato, sull’orlo dell’implosione simbolica (di cui le date della pubblicazione delle tre opere a firma di Ceresa costituiscono spia significativa, quasi preveggente di quanto accaduto nei decenni successivi).
Ognuno dei tre testi, di difficile nominazione (romanzi? saggi in forma di narrazione?) per la voluta sottrazione ai generi della tradizione, costituisce infatti l’anticipatrice messa a fuoco di questioni che diverranno poi nodali nei tempi successivi, e che per molti versi sono ancora irrisolte. La scrittura di Ceresa le disseziona con una lama: quella di una scrittura del tutto e volutamente aliena e che solo in virtù di questo riesce ad affrontare corpi simbolici in corso di deflagrazione.




Alice Ceresa ha frequentato la tradizione letteraria europea nel suo insieme, con rispetto e conoscenza profonda, ma da una posizione altra: rispetto cui i riferimenti tutti, dai racconti di Kafka fino a Henry James – evocato da Alfredo Giuliani a proposito di questo racconto –, risultano inappropriati, non perché infondati ma perché superati e fatti suoi in modo proprio e originale.
Il corpo della lingua è altrettanto messo a dura prova dal plurilinguismo originario di Ceresa: ticinese di nascita (nacque a Basilea nel 1923), ha studiato prima nelle scuole elementari tedesche poi in quelle italiane, mentre il francese ha contrassegnato la breve stagione universitaria. La scelta dell’italiano per la scrittura – a seguito anche della permanenza a Roma dal 1950 fino alla sua morte, avvenuta nel 2001 – non reca apparentemente i segni di questo triplice registro: non vi è mescolanza né il voluto, disorientante passaggio da una lingua all’altra, come nel caso di Amelia Rosselli. Al contrario il suo è un monolinguismo apparentemente algido, innervato in una terza persona che solo in questo modo riesce a sostenere fieramente il peso della sfida della declinazione sessuata, rispetto cui «il problema dei personaggi», già a partire dalla figura della figlia prodiga, è affrontato e dispiegato proprio nell’essere lei una «persona da una parte unica e dall’altra esemplare», in virtù del suo essere figlia e figlia di famiglia.
Il corpo sociale – privato e pubblico – della famiglia esplode così nella scrittura di Ceresa, come in quella di altre scrittrici e scrittori del Novecento; ma nella sua scrittura forse più che in altre si celebra – pura se con pietas – la fine dell’ordine patriarcale che ne costituisce la nervatura originaria. Si tratta di una fine preannunciata in modo sommesso ma fermo: l’esplosione della famiglia su cui si conclude il racconto La morte del padre («Allora la famiglia infine esploderà») non è oggetto di narrazione perché è storia già prevista. Ben più interessante indagarne i prodromi, le motivazioni, le metamorfosi nelle figlie, la maggiore e la minore, nel figlio, maschio ma non per questo sottratto allo sgretolamento e alla dissoluzione dell’ordine del padre. Racconto finissimo e definitivo, La morte del padre ci consegna intera la sfida dell’andare oltre, per inventare altre forme e altri corpi. È la strada sulla quale Alice Ceresa ci precede.

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 29 (maggio 2013) di "Alfabeta2".


Nessun commento:

Posta un commento