martedì 5 novembre 2013

Tra le braccia accoglienti della letteratura, una traduttrice a Beirut

Ti racconto un libro
Rabih Alameddine, La traduttrice
traduzione di Licia Vighi
Bompiani, pp. 303, euro 18
Eleonora Dami
Aaliya ha settant'anni, i capelli blu e celebra ogni nuovo anno traducendo un romanzo di portata internazionale. Ci troviamo in casa sua, a Beirut, a ricordare a ad analizzare il Libano che fu e ciò che rimane nelle pluriennali vicissitudini che hanno colpito, nel bene e nel male, la vita di Aaliya.
Cresciuta in una numerosa famiglia in cui l'unica figlia femmina era lei, ancora oggi non riesce ad accettare il mancato affetto da parte della madre. Non ce lo racconta, però, in modo infantile e capriccioso, ma con la lucidità e la presa di coscienza di un adulto che ha imparato a suo discapito a crescere senza modelli da seguire ma che, forse, un po' d'affetto in cuor suo ancora pensa di meritarlo.
Aaliya è stata educata da Mamma Letteratura, che l'ha accolta nelle sue calde braccia e l'ha portata con sé nel suo mondo fantastico, in cui Bolano, Pessoa, Lolita, la Yourcenar e la Duras sono molto più vicini ad Aaliya di quanto non sia sua madre. Già da adolescente, le si diceva che leggeva troppo e che non serve legger troppo per trovare marito, in Libano.
Ma lei il marito l'aveva trovato e anche giovanissima, peccato che lui non fosse all'altezza di lei, in tutti i sensi (Aaliya lo definisce ironicamente un nano).
La sua passione la porta a lavorare in una polverosa libreria ricolma di ogni ben di Dio, di cui la nostra traduttrice si ciberà per anni arricchendo la sua cultura e la sua anima. E' nella libreria che incontra Ahmed, che forse avrebbe potuto amarla più della sua famiglia d'origine, ma nel 1975 in Libano scoppia la guerra civile, che ben presto allungherà i suoi enormi tentacoli rapendo tanti giovani con l'inganno di un futuro migliore per cui lottare. Tra questi giovani c'è pure Ahmed, che però sarà comunque in grado di aiutare in un certo senso Aaliya, in seguito.
Potremmo quindi pensare ad Aaliya come a una persona sola, che vive in una grande casa fra libri, tazze di tè e bizzarre tinture per capelli. In realrà, un personaggio "reale" nella sua quotidianità c'è. E' Hanna, la sua migliore amica, una che, come Aaliya, spesso era incompresa e mal giudicata perché non era la ragazza standard libanese dell'epoca, perché parlava poco, perché i suoi occhi sprigionavano curiosità, paura, insicurezze. Hanna è una compagnia necessaria per la nostra protagonista, è per questo che la ritroviamo durante tutta la narrazione, poiché Aaliya non può fare a meno di ricordare la loro giovinezza, la complicità, la preziosa semplicità di voler bene a qualcuno ed essere ricambiato. Per Aaliya ed Hanna sarà sempre così, anche quando Aaliya un giorno raggiungerà la sua amica nel cielo.
Nella vita di questa assidua lettrice c'è Beirut, che è identica a Elizabeth Taylor: "Folle, bella, malandata, a pezzi, sulla via del tramonto, e sempre carica di drammaticità". Nella sua casa c'è una porticina che la accoglie in un mondo letterario fantastico, che forse non è così reale come sembra, ma reale è la speranza di approdare in una terra finalmente dignitosa. Per tutti. Nell'attesa, Aaliya continua ad intrattenere la vita con le sue accurate traduzioni, che non hanno mai visto pubblicazione, se non nel suo cuore e sicuramente in quello di un sincero lettore.
Da traduttrice, non posso esimermi dall'esprimere la gioia che ho provato leggendo la traduzione del titolo. Ho apprezzato "La traduttrice" rispetto al titolo originale "An unnecessary woman", che considero abbastanza sterile e non riguardoso nei confronti di una gran donna come Aaliya e di questa testimonianza libanese.
Consiglio il libro ai caratteri forti che però non disdegnano i sentimenti, a chi è appassionato, a chi legge.

"Oh amore di Beirut, oh amore dei giorni. Ritorneranno, oh Beirut. I giorni ritorneranno" Fairouz, nostra ambasciatrice presso le stelle.

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