sabato 20 luglio 2013

La bionda, il bunker e la scrittrice che non dice

Ti racconto un libro:
Jakuta Alikavazovic, La bionda e il bunker
traduzione di Elena Sacchini
66thand2nd 2013, pp.187, euro 15

Stella Sofri

Perché  mai avete paura, come fanciulli,
prima ancora di aver visto alcunché?
Sofocle, I segugi

E’ una mente creativa decisamente originale a dare vita alla trama del libro, sarebbe meglio dire le trame, dato l’intreccio di storie in cui convergono fili diversi. Da un enigmatico testamento iniziale, prende le mosse la storia. In una riga del testamento il morto lascia al protagonista Gray il compito di rintracciare una certa collezione d’arte che qualcuno tenta di distruggere; una sola riga, sufficiente tuttavia a trasformare Gray in un segugio sulle orme della fantomatica collezione Castiglioni. La narrazione procede in modo del tutto anomalo, in un andare avanti e indietro nel tempo e nello spazio, quasi secondo lo schema di una danza labirintica, procedimento che l’autrice evidentemente predilige nell’intento di creare sconcerto e disorientamento nel lettore, ingannarlo con indizi il cui scopo è quello di allontanarlo dalla soluzione, ma avvicinarlo alla dimensione complessa del reale.
Sono i titoli che scandiscono il testo a concedere un certo ordine al discorso. Nelle riflessioni sulla conservazione delle opere d’arte, che interrompono il disordine degli eventi, potrebbe cogliersi il filo conduttore o meglio la chiave di lettura dell’intera opera:
In un certo senso la conservazione è un progetto contro natura, una battaglia persa in partenza (…). Ci sono dipinti che non tollerano l’esposizione alla luce naturale. Che cos’è un dipinto custodito al buio? Un quadro che non può essere visto? Il tempo distrugge tutto con un’inventiva e una abbondanza di mezzi tali da tenere in scacco la mente più creativa. Eppure la conservazione rimane un istinto. Ma che cos’è un’opera sottratta agli sguardi, messa al sicuro? Il segreto è un’arte? E la scomparsa?
Non mostrare – è la tesi paradossale dell’autrice - è permettere un’esistenza immateriale dell’opera: farla vivere come vivono certe storie ascoltate. Come vive nell’immaginario e nell’invenzione l’Afrodite cnidia di Prassitele, gioiello dell’antichità, perduta per sempre, di cui restano copie (primo stadio del falso) su monete e testimonianze scritte del tutto discordanti.

La collezione Castiglioni, al centro di questa storia decisamente surreale, viene definita effimera, ma sarebbe più opportuno definirla erratica dal momento che i pochi eletti che l’hanno vista con i propri occhi si trincerano dietro un assoluto silenzio. La collezione è il fantomatico oggetto della ricerca di Gray, un americano che a Parigi si imbatte nella bionda Anna. Dal primo momento del loro incontro, in un anfratto clandestino, tra sale e vetrate, in luoghi periferici del Beaubourg, “al confine tra l’arte e la città” la donna tesse intorno a Gray una stretta tela. Anna, vestita di bianco, capelli biondo platino, di mestiere fotografa, allergica alle troppe parole, confida a Gray di aver appena “consumato” il divorzio dal proprio marito John, autore di un’opera prima e unica dal titolo Narcisisti anonimi. Senza indugi verbali, Anna convince Gray ad andare a vivere con lei in un edificio di Montmartre, la cui struttura ricorda in tutto e per tutto quella di un bunker.
Il marito, separato, abita il piano sotterraneo, quasi da clandestino. Inizia così nel bunker una sorta di misterioso ménage à trois, all’insegna del non detto. Anna sbriga le sue faccende professionali lontano da casa mentre Gray vive con ansia l’attesa della donna finché un giorno si imbatte in John che lo invita a scendere nel suo spazio sotterraneo dove è impegnato a catalogare una quantità esorbitante di libri. Sul muro un’immagine ingrandita della copertina del "Time" rappresenta il  noto scrittore John nell’atto di fare un autografo sulla fronte di un’ammiratrice bionda in atteggiamento di adorazione. Un enigma si apre per Gray sull’identità della donna. E’ Anna? E’ di Anna la presenza invisibile dietro la macchina fotografica?
Alla morte di John, improvvisa, inspiegabile, un notaio comunica a Gray l’incarico affidatogli per testamento di rintracciare la fantomatica collezione d’arte Castiglioni. Seguendo misteriosi indizi Gray raggiunge Venezia dove incontra il massimo esperto in materia, un professore di Storia dell’Arte dedito anch’egli a una ricerca appassionata della collezione Castiglioni. Gray, proseguendo la sua attività di segugio, pedina Vivian, l’assistente del Professore, e scopre che è lei l’artefice dei falsi indizi sull’esistenza della collezione. Ragione di vita per il vecchio professore la cui mente folle è ormai persa nell’idea che l’arte visiva, la pittura e tutto ciò che ne deriva siano ormai spacciati. L’arte … non era fatta per essere vista.

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