venerdì 12 luglio 2013

Il bombardamento di Palermo nelle parole di un piccirìddo

Ti racconto un libro:
Davide Enia maggio'43
Edizioni Sellerio, pp.103, euro 12

Maria Vayola

Nella famiglia protagonista di “maggio’43”, c'era l'usanza di lasciare un regalo sulla tomba d’un proprio caro, e quello che leggiamo, dalle prime pagine, è proprio uno di questi regali: “il cunto di chiddu che succirìu in ‘sti giorni di maggio”, che Gioacchino, 12 anni, lascia sulla tomba del fratello Rosario.
La narrazione, in forma di monologo (originariamente testo teatrale, adattato dallo stesso autore in forma narrativa) presenta, sin dall’inizio, una delle caratteristiche del libro: il contrasto tra la drammaticità dei fatti raccontati e il modo in cui Gioacchino li racconta a Rosario, con quella schietta semplicità dell’infanzia che messa di fronte a una tragedia quale la guerra, non può far altro, per poterla sopportare, che viverla come un’avventura, cercando al suo interno forme per riaffermare la propria vitalità, rasentando quasi l’indifferenza.
Il linguaggio del ragazzo, per lo più dialetto palermitano, è quindi quello diretto e scarno dell’infanzia, senza alcuna sottolineatura letteraria della tragicità dei fatti  ma il loro solo resoconto.
Il cunto riguarda le vicissitudini della famiglia di Gioacchino che, nel maggio del 1943, sfolla da Palermo nel piccolo paese di Terrasini, per sfuggire ai bombardamenti americani e alle violenze fasciste. Tutti i giorni i componenti maschi devono però tornare in città per svolgere alcune incombenze, e sarà  un comico contrattempo sulla strada, durante uno di questi spostamenti, a far loro perdere del tempo, tempo che li salverà  dal bombardamento alleato del 9 maggio che distruggerà buona parte di Palermo, facendo tantissime vittime.
La devastazione causata dalle bombe apparirà loro ancor prima di arrivare in città.
Riescono infatti a vedere il mare: i palazzi che, venendo da fuori, ne impedivano la vista, non ci sono più. Si trovano poi ad attraversare macerie,  a respirare polvere, a imbattersi in tutti quei morti, a udire i richiami di chi cerca i sopravvissuti e le urla del loro dolore.  Cercano l’unico parente ancora a Palermo e lo trovano morto. Il racconto che Gioacchino ne fa al fratello è denso di particolari: l’uomo a cui, cadendo in ginocchio di fronte alla moglie e le figlie morte allineate per terra, diventano di colpo i capelli bianchi; i sette rifugi pieni di gente colpiti dalle bombe; un uomo che cerca e raccoglie la propria mano per toglierle l’anello. Lo “cunta” con distacco emotivo, come se non ci fosse differenza fra tragedia e il normale scorrere della vita, con quello stesso distacco emotivo con cui già aveva raccontato una retata fascista a cui aveva assistito da un albero sul quale si era nascosto, da dove vede uno stupro, persone picchiate selvaggiamente, sente spari. 
Il bombardamento cambierà l’aspetto di Palermo e  la vita dei suoi abitanti per sempre, le sue macerie diverranno elemento architettonico della città, tanto che lo stesso autore ( come dice Enia stesso nella sua post fazione) dovrà allontanarsi da Palermo e poi tornare per riconoscerle come tali e non come parte integrante e scontata della città. Da lì le sue ricerche di testimonianze dirette del bombardamento che troverà anche nei componenti la sua famiglia trasmigrandole nel monologo.
Il dialetto, l’ironia e la cruda immediatezza delle parole di Gioacchino rivolte al Fratello morto ( “Rosario, fratello mio” è l’intercalare del suo racconto) hanno la forza dell’oralità e coinvolgono in modo diretto il lettore di questo libro così fortemente emotivo e comunicativo.
Come un racconto nel racconto, un leitmotiv si ripete durante il monologo, le strofe di una filastrocca recitata dalle donne per far addormentare i bambini, con assonanze obbligate  senza senso letterale e spesso improvvisate. Il ragazzo ne ricorda solo l’inizio, lamentandosi con Rosaio di non riuscire a rammentarla tutta. Sarà alla fine della narrazione che la ninna nanna, sotto forma di regalo sulla tomba del parente morto sotto le bombe , verrà svelata nella sua interezza, chiudendo un cerchio il cui inizio e conclusione combaceranno perfettamente.





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