mercoledì 5 novembre 2014

Valerio ama Claudia: una storia d'amore immortale/2 ("Nessuna donna potrà dire 'sono stata amata'/più di quanto io ti ho amato")

G. Luca Chiovelli


Lesbia/Claudia è citata sedici volte in tredici componimenti catulliani:

- Carme 5 (Godiamoci la vita, mia Lesbia, l'amore)
- C. 7 (Mi chiedi con quanti baci, Lesbia)
- C. 43 (Buon dio, ragazza, con quel nasone/ ... Ti paragonano alla mia Lesbia)
- C. 51 (Simile a un dio mi sembra che sia/ ... Quando ti guardo io, Lesbia)
- C. 58 (Celio, la mia Lesbia, quella Lesbia/quella sola Lesbia che amavo)
- C. 72(Dicevi di far l'amore solo con me, una volta/e di non aver voglia, Lesbia, neppure di Giove)
C. 75 (Così per colpa tua, mia Lesbia)
C. 79 (Lesbio deve esser proprio bello./ Certo: Lesbia lo preferisce)
C. 83 (Col marito Lesbia mi travolge d'ingiurie)
C. 86 (Per molti Quinzia è bella, per me bianca, diritta/ ... Bella e Lesbia, bellissima tutta fra tutte)
C. 87 (nessuna donna potra dire 'sono stata amata'/piu di quanto io ti ho amato, Lesbia mia)
C. 92 (Lesbia sparla sempre di me, senza respiro/di me: morissi se Lesbia non mi ama)
C. 107 (Se contro ogni speranza ottieni/ ... A me tu ritorni, a me, Lesbia)

I rilievi fisici e spirituali di Claudia, dedotti dalle poesie dell'amante, delineano una squisita e bellissima donna di mondo:

Bellissima
Naso piccolo 
Piedino
Occhi neri 
Dita affusolate
Alta
Eretta
Aggraziata
Spiritosa

E probabilmente fu così. Ma le testimonianze del tempo restituiscono una donna viziosa, incostante, traditrice, promiscua; al netto dei pettegolezzi addirittura incestuosa e uxoricida.
Properzio (Libro II, elegia XXXII), mentre si lagna dei tradimenti prenestini di Cinzia, se ne esce con:

"Lesbia prima di lei fece le stesse cose impunemente" 

Il suo più grande accusatore fu, però, Cicerone. Nella Pro Caelio, l'oratore difendeva Marco Celio Rufo proprio dalle accuse di Clodia (veneficio), sua ex amante, e del fratello Clodio (Pulcher). La difesa, modellata dall'oratoria di Cicerone, si risolse presto in un attacco memorabile, che insinuava, dapprima, l'incesto: 

"Tuo fratello minore ... che ti ama più di ogni altro, e che, non so per quale (credo io) timidezza di vani terrori notturni, ha sempre usato dormire con te, come un fanciullo con la sorella maggiore ..."

Quindi, platealmente, una condotta sfrenata e debosciata:

"... se una donna, che non abbia marito, apra la casa propria alle brame di tutti, si metta a fare apertamente una vita da meretrice, usi banchettare con uomini a lei affatto estranei; se questo essa faccia in città, in villa, in mezzo alla folla di Baja; se si comporti, non solo nel modo di camminare ma anche nel modo di acconciarsi e nella compagnia, non solo nello scintillio degli occhi e nella libertà del linguaggio ma anche coi baci e gli abbracci sulle spiagge e a bordo e a cena, in modo tale da manifestarsi non semplice prostituta, ma prostituta sfrontata e procace: dimmi tu, Erennio, un giovanotto che per caso le si accompagnasse lo chiameresti tu adultero ... ?"

Cicerone era un avvocato. Le sue parole vanno tarate.
E Cicerone, come Claudia, era un uomo di mondo.
Cicerone, inoltre, come Claudia, era benestante, se non ricco. I dissapori, come di consueto fra pari grado, si risolsero elegantemente.
Undici anni dopo, nel maggio 45, Cicerone scrive a Pomponio Attico (Ep. ad Att, XII, 42) e dice, pressappoco: "Caro mio, mi piacerebbe proprio comprare gli orti di Clodia ... Un affaruccio che mi andrebbe proprio a genio. Sapresti dirmi dov'è la signora? Temo che non voglia vendere, gli piacciono proprio, e, a quanto mi risulta trabocca di soldi, comunque, vedi tu  ..."
Chissà cosa avrebbe pensato Catullo di questa coda che coinvolge gli acerrimi nemici della Pro Caelio. Purtroppo il poeta era passato a miglior vita da nove anni.
Di seguito le restanti composizioni che chiamano in causa, più o meno direttamente, Claudia/Clodia/Lesbia: un saliscendi impetuoso teso fra picchi di odio e di amore disperati.

LXX

Dice la donna mia che mai sposerebbe nessuno,
Escluso me, neppure se la volesse Giove.
Dice così, ma ciò che una donna dice a chi l'ama
Scrivilo sopra il vento, sopra l'acqua che fugge.

LXXII

Dicevi di far l'amore solo con me, una volta,
E di non aver voglia, Lesbia, neppure di Giove.
E io ti ho amato non come tutti un'amante,
Ma come un padre ama ognuno dei suoi figli.
Ora so chi sei: e anche se più intenso è il desiderio
Ti sei ridotta per me sempre più insignificante e vile.
Come mai, mi chiedi? Queste offese costringono,
Vedi, ad amare di più, ma con minore amore.

LXXV

Così per colpa tua, mia Lesbia,
Mi è caduto il cuore
E così si è logorato nella sua fedeltà,
Che ormai non potrebbe più volerti bene
Anche se fossi migliore
O cessare d'amarti
Per quanto tu faccia.

LXXVI

Se il ricordo del bene compiuto in passato
Dà piacere al pensiero d’essere stati giusti, 
Di non avere mai tradito e offeso il nome degli dei
per ingannare l’uomo, mai in nessun rapporto,
molte gioie t’aspettano, e per molti anni, o Catullo, 
per questo amore senza gratitudine.
Perché quanto gli uomini possono ad una persona
dire o fare di bene tu l’hai detto e l’hai fatto.
Tutto è morto, donato a uno spirito ingrato.
Perché allora continui a torturarti?
Perché non ti fai forte e ti stacchi da questo, ritorni,
senza essere più infelice, se gli Dei non lo vogliono?
È difficile, a un tratto, un lungo amore, lasciarlo.
È difficile, sì, ma devi farlo. E come vuoi tu.
È la sola salvezza. E tu devi vincere, devi.
Cerca di farlo, se puoi, e anche se non puoi.
O Dei, se è qualità divina avere pietà, se mai soccorreste
qualcuno sulla terra nell’ora della morte 
guardatemi. Io sono infelice. E se la mia vita fu pura,
strappate questa malattia mortale, 
che penetra nelle fibre acuta come un torpore
e mi toglie dal cuore tutto il gusto di vivere.
Non chiedo, no, che lei mi possa riamare,
e che diventi pura, perché non è capace:
Io ho voglia di star bene, guarire dal mio tetro male.
Concedetemi questo, Dei, per la mia fede.

LXXIX

Lesbio deve esser proprio bello.
Certo: Lesbia lo preferisce
A Catullo e a tutti i suoi amici.
Ma questo bello
Venda schiavi Catullo e i suoi amici,
Se rimedia anche solo un bacio
Fra tre che lo conoscono.

LXXXII

Se vuoi, Quinzio, che Catullo ti debba gli occhi
O cosa vi sia più caro degli occhi,
Non togliergli ciò che più, più degli occhi
O di cosa vi sia più caro degli occhi, gli è caro.

LXXXIII

Col marito Lesbia mi travolge d’ingiurie 
E quello sciocco nel trae una gioia profonda.
Stronzo, non capisci? tacesse, m’avrebbe dimenticato, 
Sarebbe guarita, invece sbraita e m’insulta: 
Non solo ricorda, ma cosa ben più grave 
è furente. Brucia d’amore, per questo parla. 

LXXXV

Odio e amo. Me ne chiedi la ragione?
Non so, così accade e mi tormento.

LXXXVI

Per molti Quinzia è bella, per me bianca, dritta,
Slanciata. Questi pregi li riconosco,
Ma non dirò certo che è bella: non ha grazia,
Né un pizzico di sale in quel corpo superbo.
Bella è Lesbia, bellissima tutta fra tutte
A ognuna ha rapito ogni possibile grazia.

LXXXVII

Nessuna donna potrà dire 'sono stata amata'
Più di quanto io ti ho amato, Lesbia mia.
Nessun legame avrà mai quella fedeltà
Che nel mio amore io ti ho portato.

LXXXXI

Nel mio infelice, nel disperato amore mio
Certo non speravo, Gellio, che tu mi fossi amico
Perché ti leggessi nel cuore o ti ritenessi fedele
E incapace di tramare le infamie più turpi,
Ma perché, pensavo, non ti è né madre né sorella
Questa donna che d'amore forsennato mi divora.
E malgrado lunga consuetudine mi legasse a te,
Non credevo che ciò fosse per te sufficiente.
Ma lo è stato: tanto è il piacere che tu provi
In ogni colpa dove vi sia un margine d'orrore.

LXXXXII

Lesbia sparla sempre di me, senza respiro
Di me: morissi se Lesbia non mi ama.
Lo so, son come lei: la copro ogni giorno
D'insulti, ma morissi se io non l'amo.

CVII

Se contro ogni speranza ottieni
Ciò che desideravi in cuore,
Una gioia insolita ti prende.
E questa è la mia gioia,
Più preziosa dell'oro:
A me tu ritorni, a me, Lesbia,
A un desiderio ormai senza speranza,
Al mio desiderio ritorni,
A me, a me tu ti ridai.
O giorno luminoso!
Chi vivrà più felice?
Chi potrà mai pensare vita
Più, più desiderabile di questa?

CVIX

Eterno, anima mia, senza ombre
Mi prometti questo nostro amore.
Mio dio, fa' che prometta il vero
E lo dica sinceramente, col cuore.
Potesse durare tutta la vita
Questo eterno giuramento d'amore.

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