giovedì 16 ottobre 2014

Vi supplico, vi imploro, non scrivete più capolavori

G. Luca Chiovelli

Mi piace l'estate: non si legge.
Spesso si rilegge.
Da alcuni anni a questa parte rileggo un classico (uno di numero, uno vero). Quest'anno è toccato a La Gerusalemme liberata, il precedente al Don Chisciotte. Due anni fa, invece, lessi L'Orlando innamorato del simpatico Matteo Maria Boiardo da Ferrara (l'aggettivo è di Gianfranco Contini); e così via.
A parte il classico, le mie letture estive, da un lustro almeno, si sostanziano di vecchi numeri di Topolino (anni Settanta) e Tex (numeri dall'80 al 400, i migliori); sempre gli stessi. Ci sono storie di Topolino che ho letto decine di volte (qualcuna centinaia di volte). I fumetti son sempre gli stessi da trent'anni, stipati in un armadietto. Arrivo ad agosto e me li pappo. Come resistere a Zio Paperone e l'elmo del comando (1)? A Zio Paperone e il maxisombrero dei Sombreritos (2)? A Zio Paperone e l’eredità giacente (3)?
Non si può. 
Prima o poi qualcuno dovrà imbracciare la spingarda del coraggio e far tonitruare la rosa di pallini del dilemma: c'è più letteratura in Zio Paperone e l'elmo del comando o nell'opera omnia di Massimo Gramellini?
No, non va bene.
Ho sbagliato.
Zio Paperone e l'elmo del comando è incontestabilmente superiore all'opera omnia di Massimo Gramellini. Quale dilemma può esistere a tal riguardo?
Ci riprovo.
Prima o poi qualcuno dovrà imbracciare la spingarda del coraggio e far tonitruare la rosa di pallini del dilemma: c'è più letteratura in Zio Paperone e l'elmo del comando o nei due Strega di Alessandro Piperno?
Così va meglio.
Zio Paperone e l'elmo del comando. L’afflato picaresco dell'intreccio, la ricchezza dell'invenzione parodica, la brillantezza dei dialoghi, la gioia del racconto puro, la capacità di tollerare l'infinita rilettura, dote essenziale del classico.
Voi crederete che stia scherzando, ma non è così. Occorre giudicare sub specie aeternitatis, senza gli impacci di genere, di casta, di tempo, di massoneria ...
Zio Paperone e l'elmo del comando. Zio Paperone soffre di ‘cumulite unilaterale intranseunte’: gli affari lo gravano d’un peso insostenibile; solo il potere del comando, in grado di distrarlo da tali cure, potrebbe giovargli. Come fare? Le campagne elettorali costano … Grazie al professor Teleskopios viene individuato un remoto e arcadico pianetino in cerca d’un monarca. Paperone e i nipoti partono. All’arrivo i Nostri sono accolti a braccia aperte: pullulano feste e banchetti. Si svolge, quindi,  la cerimonia d’investitura: a re Paperone, a mo’ di corona, viene apposto sul cranio un misterioso elmo, inestirpabile, una sorta di marchingegno telepatico munito di braccia e mani meccaniche. Il riccastro si accinge, da subito, a frodare a proprio vantaggio il popolo alieno (l’istinto è istinto), ma ecco che l'elmo registra immediatamente le intenzioni malevole e fa scattare le mani: sul papero si abbattono sberle micidiali!

Cliccare per allargare. Zio Paperone e gli effetti dell'elmo

Paperone, impossibilitato dalla propria natura a legiferare rettamente, è oggetto di continui pestaggi; per sfuggire alla condanna dovrà ricorrere a Paperino: l'anima candida del nipote squattrinato non può che sfornare leggi disinteressate e, quindi, ottime per il popolo. Paperone si limita a firmarle salvandosi dall'uragano di schiaffi. Il connubio funziona. Il pianeta prospera ...


Al termine del mandato di sei mesi Paperone fugge a gambe levate: segue ritorno nella serena, terrena (e ingiusta) Paperopoli.

Tex, Carson e la megera/1
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Ma anche Tex offre begli intrattenimenti: basti pensare a El Muerto, storia dagli accenti shakespeariani, sospesa tra vendetta e onore, o ai paesaggi canadesi di Sulle piste del Nord, oppure a La caccia (4), episodio in cui la ribalda strafottenza dei protagonisti soggiace a un quieto e incombente fatalismo ("Di che ti lagni? Siamo ancora vivi, no?") esaltato dagli intermezzi comici (come quello fra Tex, Carson e la megera tenutaria dell'albergo).
La combinazione fra Torquato Tasso, Tex Willer e Paperone, oltre ad acquietare l'animo, stimola una benefica diuresi intellettuale, del tutto simile a quella, grave e corporea, provocata dalle acque di Montecatini e Fiuggi - acque i cui fiotti son contesi, non a caso, da stitici e malati di renella; Tasso e Qui Quo Qua, insomma, dilavano le interiora dalle incrostazioni, dal bolo di sciocchezze ingrossatosi durante l'anno: libri, recensioni, omaggi letterari, anniversari, stroncature, esaltazioni fanatiche, premiazioni, consigli da social network, stupidate varie.
Ma le ferie durano poco, ahimè.
Ero tornato a Roma da un paio di giorni che sono ricaduto nel consueto dramma che affligge i veri amanti della letteratura: l'uscita di un nuovo capolavoro. Stavolta italiano. "Con quest'opera la letteratura italiana avanza di anni ...". E come sbagliarsi? Tempo una settimana e ne usciva un altro, sempre italiano. Non c'erano dubbi sulla recensione. Un capolavoro. E due. Qualche giorno fa un altro: un capolavoro misconosciuto del passato: e tre. Sempre italiano. Ho qualche dubbio, eppure mi sembra d'aver letto, su una rivista specializzata, d'un autore di racconti, relativamente giovane: anche qui l'analisi non lasciava scampo: questo tizio è un genio. L'opera relativa, ne ho dedotto in solitario, un capolavoro.
In un mese i miei reni, risciacquati dalle letture estive, si sono appesantiti di ben quattro capolavori. Quattro calcoli che, prima o poi, dovrò espellere.

Tex, Carson e la megera/2
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E poi c'è il Nobel. Oh, ragazzi, se danno il Nobel a qualcuno significa che questo è un genio, mica fischi. Del recentissimo genio, anno 2014, ho provato a leggere Fiori di rovina. Ho lasciato perdere, per mia colpa, mia grandissima colpa, a pagina 20. Non capivo di cosa stesse parlando l'autore. Percepivo solo un'accozzaglia inerente la toponomastica parigina. Ma, ripeto, è una mia colpa: sono rozzo.
Voglio, quindi, rassicurare tutti: ho la certezza che, fra la produzione pregressa del Nostro, si celano due o tre capolavori. Ma che dico due? Ma che dico tre? Sei, signori, lo affermo sulla mia anima da lestofante. Come? C'è qualcuno che offre di più? Il semiologo in fondo, con baffi e occhiali ... come dice? Otto? Sono d'accordo, vecchia talpa ... E otto siano ... Chi sono io per darle sulla voce ... Otto e uno ... E due ... E tre ! Aggiudicati otto capolavori all'ultimo tizio premiato dai giurati nordici, sempre più psichedelici.
Otto capolavori si aggiravano per l'Europa e io nisba.
Lo ammetto, non c'è niente da fare, son rozzo e ignorante.
Però ... però ... mi si permetta tale scatto d'immodestia, so fare i conti.
I conti della serva, non altro.
Faccio i conti e ragiono così, ditemi se sbaglio.
Limitiamoci alla nostra penisola.
Quattro capolavori quattro (4) italiani in un mese fanno cinquanta (50) capolavori all'anno. 
Bene.
C'è poi l'Europa.
Vogliamo forse dire che francesi, crucchi, spagnoli, cechi, portoghesi, inglesi, baltici e russi son più scemi di noi? No di certo, come abbiamo visto.
Da ciò discende un calcolo inoppugnabile: poiché la popolazione italica rappresenta un dodicesimo di quella europea, avremo:
50 x 12 = 600 capolavori all'anno (in Europa).
Sto ragionando al ribasso.
Eppure ... Mi seguite?
Spostiamoci in Asia. Qui si incontra Israele. Oh, dico, la grande, grandissima letteratura israeliana non ha diritto a un quattro dozzine di capolavori l'anno? Certamente, se no chi li sente quelli del Corriere della Sera. E poi abbiamo la Turchia; e poi l'Iran; la Cina (un miliardo e mezzo di potenziali Piperno), il Sud Est asiatico. E il Giappone! E chissà quanti capolavori occulti giacciono non tradotti sugli scaffali delle librerie e delle biblioteche orientali.
Per non fare torto a nessuno (ebrei, arabi, indoeuropei, gialli, mesopotamici, polinesiani, dravidici, tibetani) aggiungo, all'ingrosso, seicento capolavori.

Tex, Carson e la megera/3
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E il Centro-Sud America (Messico compreso)? Ragazzi, quello da solo ne sforna, di capolavori, forse più dell'Europa. Anche qui, però, incliniamo alla cautela: ragazzo, olà, inforna altri seicento!
Vogliamo parlare dell'Africa? Secondo me li si annidano almeno (almeno!) altri duecento pezzi da novanta. E poi ... Diciamolo ... Vogliamo passare forse per suprematisti bianchi? Per biancocentristi? No, per carità ... Guardate, fosse per me ne metterei nel sacco altri quattrocento, ma, vedete, la cautela ... Duecento e non se ne parli più!
E gli Stati Uniti: ma, signori miei, questo è l'epicentro dei capolavori! The gold mine! The mother lode! Questi ne produrranno circa quanto tutti gli altri paesi messi insieme! Basta leggere le recensioni! Per non parlare dei paesi anglofoni come il Canada e l'Australia! Si può rinunciare al Canada anglofono ... Eh, no, fossimo matti ...
Ricapitoliamo. 
Abbiamo quindi:

Capolavori Europa (Italia compresa) 600
Medio Oriente-Asia 600
Centro-Sud America 600
Africa 200
Stati Uniti 2000 (comprese ex colonie inglesi et cetera)
Totale: Quasi 4000 capolavori l'anno!

Schopenhauer, vecchio bacucco, sei servito!
L'intrattabile Arturo biascicava: in Europa in un secolo vengono prodotti forse dodici libri durevoli ... In un secolo, in Europa, nell'Ottocento ... E che secolo! Quello dei russi e dei francesi!
Insomma, il Vecchiaccio ha toppato, e alla grande.
E Leopardi? Becca! Tutte quelle ironie sulla magnifiche sorti e progressive!
Magnifiche non sappiamo, progressive di sicuro!
Quattromila, e in crescita!
Peccato che tale proliferazione di genialità abbia un retrogusto amaro.
Purtroppo.
Riflettiamo.
Riflettete.
Il rovescio della medaglia. Eh sì, il rovescio esiste e vi spiego, aritmeticamente, il motivo.
Ragiono su di me.
Ho quarantasei anni (46).
Ho imparato a leggere a sei (6).
Quindi:

46 - 6 = 40
40 x 4000 capolavori annui = 160.000 capolavori totali.

Solo durante la mia vita di lettore! E la letteratura esiste da cinquemila anni!
Capite le implicazioni terribili?
Come fare? Quando troveremo il tempo di leggere questi picchi dell'umano intelletto? Impossibile! Ci toccherà scivolare nella tomba sapendo di non gustare le prose di Thomas MacKendrick o di Kumiko Kawasaki oppure, ahi!, di Chiara Pizzighettoni.
Ci vorrebbe una moratoria. Mondiale. Portata avanti dall'ONU, magari. Basta, non scrivete più per almeno vent'anni, in modo da far riguadagnare, in parte, il terreno perduto ai lettori.
Ma no, sto sognando. Non accadrà mai. Sarebbe pure ingiusto. Come conculcare il diritto alle montanti generazioni a esprimere la loro personalità iperurania? Oppure alle generazioni correnti? Come impedire un nuovo libro a Veronesi, ad esempio? Rimarrebbe col colpo in canna, si intristirebbe. L'umanità, questo organismo che concresce a sempre nuove vette e sfide, ne verrebbe defraudata. Come impedire un nuovo Cimitero di Praga? No, basta, al solo pensiero rabbrividisco di vergogna!
Non si può fare.
Che dirvi, mi toccherà morire infelice e inappagato.
Come quel letterato che, dal catafalco dell'agonia, esalò, con l'occhio lacrimoso del rimpianto, le immortali parole: "Muoio ... oh ... oh, muoio ... e non ho mai letto La Marfisa bizzarra!".

La Marfisa bizzarra (5) è un poema faceto in dodici canti di Carlo Gozzi, letterato veneziano antiilluminista, antieuropeo, antigoldoniano, dove è satireggiato il mondo degli eroi del ciclo carolingio, quelli di Ariosto, Boiardo e Tasso: nell'operina Carlo Magno è ridotto a un rudere ("Vecchio e della memoria quasi casso"), Marfisa a una volubile e bizzosa dama settecentesca, i paladini a un branco di oziosi gozzovigliatori e viveur, ormai vergognosi del proprio nobile passato. Gozzi prefigura, in tale mondo alla rovescia, il mondo alla rovescia dei Lumi, mediocre e gaglioffo; ecco una tirata dal terzo canto, piuttosto attuale:


E se cagion fûr l'ozio e gli scrittori
del peggiorar de' costumi d'allora,
pensando a' libri ch'oggi escono fuori
e alla scioperatezza che s'adora,
sento che freddi m'escono i sudori
per il dolor che il sangue mi divora,
e dico: - O terque e quaterque beati -
a que' che prima d'or son trapassati.

Che altro dire? Questo: potete tranquillamente tirar le cuoia senza aver mai letto La Marfisa bizzarra, è certo.
Sarete assai meno tranquilli (per la vostra anima dannata di lettori) se, nell’ora fatale, il vostro comodino sarà appesantito dalla copia di un libro di Massimo Bisotti.
Ma, lo assicuro, verrà il diavolo in persona a tirarvi direttamente per i piedi se, prima dell’ultimo respiro, non avrete letto Zio Paperone e l’elmo del comando.
Come perché? Non l’avete capito? È un capolavoro!

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(1) Zio Paperone e l'elmo del comando, Topolino libretto nnr. 940-941, 2-9 dicembre 1973. Testi di Rodolfo Cimino; disegni di Romano Scarpa.
(2) Zio Paperone e il maxisombrero dei Sombreritos, Topolino libretto nr. 908, 22 aprile 1973. Testi di Rodolfo Cimino; disegni di Guido Scala.
(3) Zio Paperone e l’eredità giacente, Topolino libretto n. 1315, 8 febbraio 1981. Disegni di Giulio Chierchini; testi di Guido Martina. In tale episodio compaiono i caratteri immortali del pirata Zamberlukko e del notaio Piotre Lumakaro.
(4) L’episodio si dipana attraverso tre numeri: Tex 96 (La caccia), 97 (Lo straniero), 98 (I razziatori).
(5) Carlo Gozzi, La Marfisa bizzarra (1766).

2 commenti:

  1. Zio Paperone e l'elmo del comando è il mio riferimento assoluto per la comprensione di cosa significa introdurre un'etica nell'organizzazione politica. Concordo su ogni sillaba di quanto scritto!!

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