mercoledì 8 ottobre 2014

Il ministro Franceschini sulle orme del Commissario Auricchio

G.Luca Chiovelli

Fracchia la Belva Umana, Italia, 1981. La vita dell'impacciato geometra Giandomenico Fracchia (Paolo Villaggio) viene sconvolta da uno straordinario imprevisto: egli, infatti, rassomiglia, come una goccia d'acqua, al sanguinario criminale noto come la Belva Umana (sempre Paolo Villaggio); a causa di tale fatalità, Fracchia è implacabilmente ricercato dai gendarmi d'ogni ordine e grado: dalla Polizia, guidata dal Commissario Auricchio (Lino Banfi) e dal suo aiutante, il dimesso e malinconico De Simone (Sandro Ghiani); dalla Digos; dai Carabinieri.
Per ben tre volte viene arrestato, croccato e interrogato, l'automobile perquisita sin all'osso, la donna dei sogni (Anna Mazzamauro) sfiancata dalle domande. Gradatamente le forze dell'ordine si convincono d'aver preso un granchio. Fracchia deve essere rilasciato. Rimane, però, il problema: come distinguere l'innocuo impiegato dal cruento mostro chiamato Belva Umana?
Fra Carabinieri, Polizia e Digos ha luogo un brainstorming risolutivo. Qualcuno propone addirittura di sbatterlo in galera e togliersi, perciò, l'equivoco dai piedi. Auricchio insorge:

Auricchio: Ma non lo vedete com'è ridotto questo povero disgrazièto. Facciamoci venire un'idea valida, piuttosto.

Fracchia [rantolante]: Si facci venire un'idea.

De Simone [timidamente]: Si potrebbe rilasciare un lasciapassare.

Auricchio: Ecco, il lasciapassare ... il mio aiutante ha detto la stronzèta giornaliera.

[La platea disapprova. Auricchio ci pensa qualche attimo, poi batte ripetutamente e sonoramente la mano sulla pelata a mo' di Eureka!]

Auricchio: Ho trovèto. Si potrebbe rilasciare un lasciapassare.

[L'uovo di Colombo. Seguono applausi, assensi e compiacimenti da parte di tutti]

Ecco la scena:


Roma, 30 set. (AdnKronos) - Il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, presenterà domani, alle ore 12 nell’Aula absidale di Santa Lucia in via De’ Chiari 25/A a Bologna l’iniziativa "Libriamoci", giornate di lettura nelle scuole promosse dal Mibact e dal Miur e organizzate dal Centro per il libro e la lettura.

Parteciperanno il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, il Rettore dell’Università di Bologna, Ivano Dionigi, e il Presidente del Centro per il libro e la lettura, Romano Montroni.

Facciamoci venire un'idea valida
Il primo a farsi avanti è oggi Gino Paoli, cantante e presidente Siae. “Raccolgo con entusiasmo l’invito del ministro Dario Franceschini e do la mia disponibilità”, ha detto il cantante. E ha aggiunto: “Estendo quest’appello - e mi auguro che lo accoglieranno - agli autori e agli artisti tutti, dalla musica alla letteratura, dal cinema al teatro, dalle arti figurative alla televisione ..."
L’iniziativa “rivoluzionaria” punta a reclutare testimonial, scrittori, politici, attori, che sappiano trasmettere ai ragazzi il piacere di leggere. Tre giorni dedicati alla lettura nelle scuole per liberare la parola scritta da quel profumo di obbligo e dall’ossessione per la valutazione che spesso si percepiscono nelle aule. “Libriamoci” il titolo scelto per la manifestazione: “Un vero e proprio evento - ha detto Franceschini - su modello dei tanti festival del cinema, della letteratura e della filosofia, che attraggono folle, ma senza spostare di un’unità lo sparuto numero di lettori della Penisola”. Libriamoci, invece, secondo il ministro potrà accendere anche in chi non frequenta assiduamente le pagine scritte la scintilla che lo potrà trasformare in lettore. “Soprattutto se si fa sistema”, dice il ministro.
Una mobilitazione culturale che vuole anche “rivendicare la lentezza della lettura”. “In un mondo che va sempre più veloce - ha detto Franceschini - questa è la chiave per far capire ai giovani il valore della lettura, che non può diventare veloce, non può essere multitasking, ma consente di usare per se stessi la risorsa in assoluto più limitata: il tempo”. “Prendetevi del tempo per voi stessi - è l’esortazione del ministro - se scoprite la lettura da giovani, poi non la mollate più” ...

Brainstorming al Ministero
Seguono melensaggini e dichiarazioni zuccherine in linea con le precedenti.
Alcune associazioni, a titolo gratuito, entrano da decenni nelle scuole per sensibilizzare le scolaresche alla lettura. Persino negli anni Settanta alcuni scrittori e giornalisti ciacolavano in classe (me ne ricordo uno di Paese Sera). Eppure, alle soglie del 2015, il Ministro per la Cultura della Repubblica Italiana, in piena crisi morale civile istituzionale, si alza dal letto dell'accidia e dell'irrilevanza, si stiracchia, muove la bocca impastata, poi, improvviso, l'occhio finalmente luminoso, si scuote e, battendo il palmo della mano sulla capoccia come Auricchio, annuncia: "Ho trovèto. Per risolvere l'annoso problema del disinteresse giovanile alla lettura si potrebbe reclutare gente famosa e fargli leggere qualche pistolotto nelle scuole. È un'idea rivoluzionaria!".
Quanto valga tale trovata (e trovate simili) può condensarsi nell'immagine sottostante.


Ma non crediate che sia sciocca, tutt'altro.
Essa concreta una precisa strategia politica: quella dell'iniziativa simpatica e carina (o caruccia).
In genere l'iniziativa simpatica e carina (o caruccia):

1. Ingenera nell'elettore medio l'idea che lo Stato sia finalmente attivo.
2. Consente finanziamenti a piccole e grandi realtà che costituiranno la guardia pretoriana ideologica e propagandistica del politico di turno.
3. Lascia intatto il problema, ma lo relega sullo sfondo, ormai invisibile, mentre la polvere della chiacchiera si alza in primo piano generando l'impressione dell'efficienza.

L'iniziativa simpatica e carina (o caruccia) è ormai endemica. Non si risolve il problema dei malati di SLA, si fanno docce gelate; non si risolve il problema dei malati di Alzheimer, si fanno maratone Telethon; non si attacca il problema dell'immigrazione, si confezionano video glicemici antirazzismo che attizzano il razzismo; non si risolve il problema della monnezza, si fa la raccolta differenziata.
La raccolta differenziata: le tariffe sono sempre più salate, la lobby del packaging sempre più ricca, la camorra delle discariche sempre più pervasiva, le città sempre più luride, ma ogni utente si inebria di simpatico ecologismo mentre separa il coperchio di plastica, la carta pubblicitaria e il vasetto di vetro della Nutella (debitamente risciacquato: cinque minuti di lavoro almeno).

Quello che servirebbe per far leggere i bimbetti l'ho già scritto (I bambini salveranno il mondo; sopra i dieci anni sono ormai perduti); il mio, però, è un progetto pericoloso: potrebbe addirittura riuscire, è durevole e costa relativamente poco.

Ma torniamo alle cose serie, id est il film Fracchia la Belva Umana.
È una farsa ammirevole, una delle ultime pellicole italiane in cui il pecoreccio è sintomo di vitalità e le tipizzazioni hanno la forza della tradizione fescennina: qui ogni attore può sfogare senza lacci o remore la propria guitteria, acquisita in decenni di mestiere d'avanspettacolo (Gianni Agus, Anna Mazzamauro, Gigi Reder, Francesco Salvi, Massimo Boldi, Sandro Ghiani, Antonio Allocca).

De Simone, disgrazièto maledetto
Paolo Villaggio ripropone alcune trovate dei precedenti Fantozzi, sempre valide, ma è Lino Banfi, debordante, il motore del film. I duetti con l'appuntato De Simone, piccolo, scuro e timido, tanto più intelligente di lui, così come le sgangherate azioni di polizia guidate con piglio gaglioffo e autoritario, sono esilaranti; e la frenetica recitazione del Nostro, che alterna velocissima risatine isteriche, scoppi d'ira, sguardi allucinati, deglutizioni, trasalimenti erotici, finte bonarietà, provocazioni, equivoci lessicali, invocazioni alla Madonna e disastri slapstick, irresistibile.
La punta comica è la scena seguente: Fracchia e la signorina Corvino siedono nel ristorante Da Sergio e Bruno gli Incivili, dove il turpiloquio è d'obbligo (ci si riferisce a un locale molto noto di Roma, da Cencio la Parolaccia). Auricchio e la propria squadra, credendo di avere ormai in pugno la Belva Umana, si precipitano in massa verso il locale, ma, all'entrata, non vengono riconosciuti dai gestori. Di qui l'equivoco e la scintilla che innesta la gag.


Non sono mai stato un amante del cinema italiano di serie B; gli riconosco, come detto, una sincera vitalità, gli ultimi fuochi di una tradizione popolare aliena dagli psicologismi e fondata su maschere e tipi secolari: il genio della nazione.
Eppure, a dirla tutta, più passa il tempo e più lo rimpiango.
Incontrai Lino Banfi quand'ero proprio ragazzino, alla fine dei Settanta, d'estate, sulla spiaggia romana di San Nicola; nessuno sembrava riconoscerlo. La gloria e gli allori del politicamente corretto (Un medico in famiglia!) erano ancora da venire.
Era assiso sulla battigia come un Buddha, il Corriere dello Sport spiegato sulle ginocchia; la moglie restava poco indietro, sotto un piccolo ombrellone. Mio padre lo riconobbe subito; quindi, inopportuno come sempre, gli domandò, a bruciapelo e senza presentarsi: "Buongiorno, come stai?". E lui, col tono po' rassegnato: "Eh, sto qua". Poi: "Mi sono letto la pagina sulla Roma, ora mi leggo quella sulla Lazio".

Doppelgänger
Se fossi invitato nelle scuole a leggere qualcosa ai ragazzetti, a queste platee ciniche e neghittose, proporrei alcune pagine sul tema del doppio: intense, ma brevi letture da Poe, Maupassant, Dostoevskij, Plauto. Quindi passerei decisamente a Fracchia la belva umana. Ma sì, sarebbe un successo, lo sento: un'iniziativa fresca, simpatica, carina (e caruccia). Non si può sbagliare. Sentito il capo? "Se scoprite la lettura da giovani poi non la mollate più".
Capito, disgrazièti maledetti?

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