domenica 5 gennaio 2014

L'incipit della domenica - Un angelo che torna

La notizia è di questi giorni: Danielle Steel, la regina del romance, è stata insignita della più alta onorificenza in terra di Francia, la Legion d’Onore.
La notizia non è sconvolgente; la Legion d’Onore pare alquanto in ribasso; basta vedere i premiati: tra gli italiani compaiono, assieme a Calvino ed Eco, addirittura Alain Elkann, Gianni Letta, Gabriele Albertini, Franco Bassanini, e Corrado Augias, individui rispettabilissimi, ma non proprio giganti del pensiero e delle arti.
Se non altro Danielle ha dalla sua parte la forza del numero: fra le signore è la seconda scrittrice più venduta di sempre (prima è la pitonessa Agatha Christie); i libri sbolognati assommano a circa ottocento milioni (800.000.000): entro qualche anno (anche in modo postumo) sfonderanno la soglia psicologica del miliardo. Un bel mucchio.
Sulla prosa di Danielle Steel c’è da dire questo: è disgustosa. Nel senso che induce al disgusto. Non perché lo sia intrinsecamente – disgustosa, intendo – ma perché utilizza quegli stereotipi da letteratura rosa da colonizzatori (americani) che, ormai, impregna, volente o nolente, l’immaginario di chiunque si accinga anche solo a pensare. Johnny, Becky, il college, il football, il surf, il giorno del Ringraziamento, Halloween  … cose che a noi colonizzati dovrebbero suonare assolutamente estranee, ma che vengono ormai vissute con invasiva familiarità … E che dire di tali scorci di prosa:
“I capelli castano scuro di Johnny brillavano sotto il sole dell'estate, che li accendeva di sfumature color rame, e pareva che quei lampi si riflettessero negli occhi, anch'essi dello stesso colore. Era alto, con le spalle larghe, la figura atletica, aveva denti candidi come perle che facevano risplendere un sorriso irresistibile”.

Ma forse faccio male ad affermare questo. Forse (forse) l’altro legionario d’onore, Umberto Eco, ravviserebbe, invece, in tale passo l’autentica e invincibile forza della letteratura popolare. Chi lo sa? Il tempo è fuor di sesto; e mi aspetto di tutto.

Danielle Steel
In una calda giornata di giugno il sole splendeva luminoso a San Dimas, un quartiere residenziale alla periferia di Los Angeles, lontano mille miglia dai sogni patinati di Hollywood. La metropoli era a una distanza tale che sembrava quasi non esistere, e i ragazzi riuscivano ancora a gustare i piaceri della gioventù in quel pigro e assolato giorno d'estate. Le lezioni stavano ormai per finire, il diploma stava per cadere come una susina matura nelle mani degli studenti dell'ultimo anno e fra poco il gran ballo della scuola avrebbe celebrato degnamente l'inizio dell'estate.
   Johnny Peterson era lo studente più meritevole della scuola, incaricato di tenere il discorso di commiato in occasione della consegna dei diplomi, oltre a essere il più popolare fra i compagni per le sue eccellenti doti sportive: nell'atletica leggera e nel football americano era imbattibile. Aveva mantenuto il titolo di campione della scuola per ben quattro anni. Anche con Becky Adams, Johnny usciva regolarmente da quattro anni.
   Adesso erano fermi sui gradini davanti alla scuola e stavano chiacchierando in mezzo a un gruppo di amici; il suo corpo alto e dinoccolato di tanto in tanto si protendeva leggermente verso di lei, quando i loro sguardi si incrociavano. Come molti altri giovani della loro età non riuscivano a mantenere segreto il loro amore. Legati da un sentimento profondo fin da quando avevano cominciato a frequentare le superiori, formavano una coppia affiatatissima. Erano i classici fidanzatini che si erano conosciuti sui banchi di scuola e accarezzavano il vago, ma sottinteso progetto di finire gli studi e diventare marito e moglie, un giorno. Johnny avrebbe compiuto i diciotto anni in luglio, prima di cominciare il college. Becky li aveva festeggiati in maggio.
   I capelli castano scuro di Johnny brillavano sotto il sole dell'estate, che li accendeva di sfumature color rame, e pareva che quei lampi si riflettessero negli occhi, anch'essi dello stesso colore. Era alto, con le spalle larghe, la figura atletica, aveva denti candidi come perle che facevano risplendere un sorriso irresistibile. Incarnava l'aspetto che ogni diciottenne avrebbe sognato di possedere, e che tuttavia ben pochi hanno.
   Ma in lui c'era anche qualcosa di più: oltre a essere un ragazzo straordinariamente bello, era dotato di buon carattere ed era gentile e simpatico. Ottimo studente, aveva un mucchio di amici, e nonostante svolgesse ben due lavoretti, riusciva sempre a trovare un po' di tempo per lo sport e ad avere il weekend libero. Suo padre e sua madre non navigavano nell'oro e avevano tre figli da mantenere. Si barcamenavano faticosamente per tirare avanti, ma alla fine, non si sa come, ci riuscivano sempre. Il suo sogno sarebbe stato quello di giocare a football americano da professionista, e forse avrebbe anche potuto realizzarlo; invece aveva vinto una borsa di studio per una scuola statale e aveva deciso di studiare contabilità, per poi poter aiutare il padre. Egli aveva infatti un piccolo studio, anche se non aveva mai trovato quella professione di suo gradimento.
   Invece a Johnny sembrava non dispiacere l'idea di seguire un giorno le orme paterne, agevolato anche dal fatto di essere un vero e proprio genio della matematica. Non solo, ma la sua rara abilità a lavorare con il computer sarebbe stata, anche quella, di grande aiuto. Sua madre aveva fatto l'infermiera e ormai da alcuni anni aveva lasciato il suo impiego per occuparsi del fratello e della sorella minori, e questo, specialmente negli ultimi cinque anni, si era trasformato in un vero e proprio lavoro a tempo pieno. Charlotte aveva appena compiuto quattordici anni e, in autunno, avrebbe cominciato a frequentare le superiori. Quanto a Bobby, di nove anni, si trattava di un bambino speciale, molto diverso dagli altri.
   La famiglia di Becky era meno serena e tranquilla rispetto a quella di Johnny. Aveva quattro fratelli - due maschi e due femmine e -, la loro vita era rimasta sconvolta, un paio di anni prima, dalla morte del padre, che lavorava in un'impresa edile ed era rimasto ucciso in un terribile incidente, lasciando la famiglia in condizioni finanziarie gravissime. Anche Becky aveva trovato due lavoretti che la occupavano nelle ore libere dalla scuola e che svolgeva con grande impegno. In casa c'era bisogno di ogni centesimo che lei e il maggiore dei maschi erano in grado di guadagnare. Non solo ma, a differenza di Johnny, non aveva ancora ottenuto la borsa di studio desiderata. Quindi si era proposta di lavorare a tempo pieno in un negozio per tutto l'anno e di ritentare con il college quello successivo. Ma, tutto sommato, non le importava molto di questa faccenda. In fondo, non si sentiva portata per gli studi come Johnny, e provava un certo senso di sollievo all'idea di interrompere la scuola almeno per un certo periodo. Le piaceva lavorare, voleva un gran bene alle sorelle e ai fratelli, ed era felice di aiutare la mamma in tutti i modi possibili. L'assicurazione stipulata dal padre aveva fruttato una somma di denaro piuttosto modesta e la loro situazione economica era stata difficile per molto tempo. L'unica oasi di gioia e serenità presente nella sua vita era Johnny.
   Tanto i capelli di lui erano scuri, tanto erano biondissimi quelli di Becky, che aveva gli occhi azzurri come un cielo d'estate. Era molto carina e amava profondamente il suo ragazzo.

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