domenica 29 gennaio 2012

Roma, sabato 4 febbraio:JULES LAFORGUE in Camera verde

      
a Roma, presso il centro culturale LA CAMERA VERDE
(via G. Miani 20, zona Ostiense)

sabato 4 febbraio alle ore 19:30

presentazione del libro

AMLETO
ovvero
le conseguenze della pietà filiale

(1887)

di
Jules Laforgue

a cura di
Michele Zaffarano

lettura di
Luigi Solimando

(collana Auberge Ravoux)


nell'ambito della presentazione
proiezione del cortometraggio:

LE CONSEGUENZE DELLA PIETÀ FILIALE
(2012)

di Michele Zaffarano



Centro Culturale
LA CAMERA VERDE
via Giovanni Miani n.20, 20a, 20b 00154 Roma
3405263877
info[at]lacameraverde.com
     

venerdì 27 gennaio 2012

"Un libro, un quartiere" ovvero un libro, centomila lettori




Monteverdelegge ha dato vita, per prima in Italia, al progetto "Un libro, un quartiere", finalizzato alla promozione della lettura.

MVL, in collaborazione con la Provincia di Roma e il Municipio Roma XVI, sta replicando l'iniziativa One city, one book, realizzata negli Stati Uniti e in altri Paesi su scala urbana, adattandola al contesto di quartiere. A Monteverde e dintorni, in un periodo di tempo definito - da novembre 2011 a maggio 2012 - tutti gli abitanti del 16° Municipio sono invitati a leggere, a condividere, a sperimentare uno stesso libro. E' stato scelto Ragazzi di vita, di Pier Paolo Pasolini, a causa dei numerosi legami e dei rimandi contenuti nel testo che intercorrono fra l'opera, lo scrittore e il territorio. Com'è noto Pasolini in questo quartiere ha anche vissuto e la sua forte personalità e il ricordo dei suoi scritti sono ancora presenti e vitali.

Numerosi gli eventi e le iniziative collegati al progetto, a cui aderiscono e continuano ad aderire in tanti (singoli individui, gruppi, associazioni, scuole, librerie, onlus, biblioteche, ecc.).

Da non perdere lunedì 20 febbraio, al Teatro "Il Vascello" di via Carini, la prima "maratona" cittadina di lettura, che vedrà salire spontaneamente sul palco tutti coloro che avranno espresso il desiderio di leggere un paio di pagine del testo pasoliniano. E si andrà avanti con la lettura, senza sosta, dalla prima all'ultima pagina! Per informazioni: http://unlibrounquartiere.wordpress.com/ www.facebook.com/monteverde.legge monteverdelegge@gmail.com

giovedì 26 gennaio 2012

Aperte le iscrizioni ai corsi del "Progetto Ponte"

Un'ulteriore opportunità d'integrazione attraverso lo studio viene fornita agli stranieri, comunitari e non, dall'Istituto superiore "Federico Caffè" di Roma, in Viale di Villa Pamphili 86.
Con il "Progetto Ponte", approvato e finanziato dalla Regione Lazio, si può accedere ai corsi serali della scuola (da febbraio a giugno 2012, 3/4 volte a settimana), finalizzati al successivo conseguimento del diploma. Per info: prof. Franco Frisan, tel. 065897698 - rmis084008@istruzione.it

Dove finisce un viaggio, ne comincia subito un altro




Il tema principale di quest'anno, come ormai tutti i frequentatori di monteverdelegge sanno, è (e rimarrà fino a luglio 2012) il viaggio. Nell'ultimo incontro avendone avuto l'occasione avevo proposto un libro di Luis Sepulveda "Ultime notizie dal Sud". Ci ero arrivato girovagando nei meandri della rete facendo più di una ricerca. Sentivo il bisogno di regalare il libro ad un mio carissimo amico che recentemente ha subito un importante intervento. Sapendo della sua passione per la fotografia, e avendo scoperto che il libro di Sepulveda sarebbe stato arricchito dalle foto scattate con una Leica dal suo amico Daniel Mordzinski, non ho avuto dubbi. Sono uscito a comprarlo, mi sono recato alla posta e glielo ho spedito. A distanza di tre giorni dalla spedizione, mi arriva un sms dove questo mio carissimo amico mi ringrazia di cuore, dicendo di averlo divorato in una giornata, definendolo bellissimo.
Quell'sms mi ha davvero reso felice.
Da lì partì l'idea di proporlo a MariaTeresa Carbone e al gruppo di lettura monteverdelegge.
Stamattina apro la mia casella di posta elettronica e trovo con piacere una mail di MariaTeresa dove mi dice di aver parlato della mia proposta, ad una carissima sua amica, grande esperta di letteratura latinoamericana.
Aggiunge poi, che questa sua amica le ha suggerito un percorso multiplo sulla Patagonia, che comprenda il classico "in Patagonia" di Chatwin, "Un'ombra bren presto sarai" di Osvaldo Soriano edito da Einaudi, e "Patagonia rebelde", di Osvaldo Bayer edizioni Elèuthera.
Ma alla fine del ciclo manca ancora qualche mese, quindi non mancheranno occasioni per discuterne tutti insieme e perché no aggiungere (o sottrarre) qualche titolo.

A tutti un cordiale saluto.
Buone letture!

lunedì 23 gennaio 2012

Un motivo in più per riflettere





Sabato 21 gennaio nella Sala degli affreschi messa gentilmente a disposizione dal DSM di via Colautti, in occasione del primo incontro per parlare di "Viaggio in Italia" di J. W. Goethe, si è disquisito dell'importanza del viaggio, inteso anche come breve spostamento, e delle necessità di riappropiarsi ciascuno dei propri tempi, ciascuno dei propri ritmi. Con l'obiettivo, principalmente, di liberarsi dai condizionamenti che il flusso della quotidianità spesso ci impongono, e che impediscono a ciascuno di noi di godere di tutto ciò che ci circonda.
Proprio in quest'ottica mi è sembrato molto pertinente un brano che lessi molti anni fa e che salvai sul mio pc.
Ho ritenuto opportuno cogliere l'occasione per riportare questo brano, estratto da "Il pensiero meridiano" (Ed. Laterza) del sociologo Franco Cassano (Ancona 1943).


ANDARE LENTI

                                                            Pensare ai piedi

Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è sfogliare la copertina.

Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.

Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani.

Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno confondersi al cielo. E’ suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene da solo, da un accordo tra mente e mondo.

Andare lenti è fermarsi su un lungomare, su una spiaggia, su una scogliera inquinata, su una collina bruciata dall’estate, andare col vento di una barca e zigzagare per andare dritti.

Andare lenti è conoscere le mille differenze della propria forma di vita, i nomi degli amici, i colori e le piogge, i giochi e le veglie, le confidenze e le maldicenze.

Andare lenti sono le stazioni intermedie, i capistazione, i bagagli antichi e i gabinetti, la ghiaia e i piccoli giardini, i passaggi a livello con gente che aspetta, un vecchio carro con un giovane cavallo, una scarsità che non si vergogna, una fontana pubblica, una persiana con occhi nascosti all’ombra.

Andare lenti è rispettare il tempo, abitarlo con cose di grande valore con noia e nostalgia con desideri immensi sigillati nel cuore e pronti ad esplodere oppure puntati sul cielo perché stretti da mille interdetti.

Andare lenti è ruminare, imitare lo sguardo infinito dei buoi, l’attesa paziente dei cani, sapersi riempire la giornata con un tramonto, pane e olio.

Andare lenti vuol dire avere un grande armadio per tutti i sogni, con grandi racconti per piccoli viaggiatori, teatri plaudenti per attori mediocri, vuol dire una corriera stroncata da una salita, il desiderio attraverso gli sguardi, poche parole capaci di vivere nel deserto, la scomparsa della folla variopinta delle merci e il tornare grandi delle cose necessarie.

Andare lenti è essere provincia senza disperare, al riparo dalla storia vanitosa, dentro alla meschinità e ai sogni, fuori della scena principale e più vicini a tutti i segreti.

Andare lenti è filosofare di tutti, vivere ad un’altra velocità, più vicini agli inizi e alle fini, laddove si fa l’esperienza grande del mondo, appena entrati in esso o più vicini al congedo.

Andare lenti significa poter scendere senza farsi male, non annegarsi nelle emozioni industriali, ma essere fedeli a tutti i sensi, assaggiare con il corpo la terra che attraversiamo.

Andare lenti vuol dire ringraziare il mondo, farsene riempire. C’è più vita in dieci chilometri lenti a piedi che in una rotta transoceanica che ti affoga nella tua solitudine progettante, un’ingordigia che non sa digerire. Si ospitano più altri quando si guarda un cane, un’uscita di scuola, una affacciarsi al balcone, quando in una sosta buia si osserva un giocare a carte, che in un volare, in un faxare, in un internettare. Questo pensiero lento è l’unico pensiero, l’altro è il pensiero che serve a far funzionare la macchina, che ne aumenta la velocità, che si illude di poterlo fare all’infinito. Il pensiero lento offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a tremare sempre di più e nessun sapere riuscirà a soffocare il tremito. Il pensiero lento è la più antica costruzione antisismica.

Bisogna fin da adesso camminare, pensare a piedi, guardare lentamente le case, scoprire quando il loro ammucchiarsi diventa volgare, desiderare che dietro di esse torni a vedersi il mare. Bisogna pensare la Misura che non è pensabile senza l’andare a piedi, senza fermarsi a guardare gli escrementi degli altri uomini in fuga su macchine veloci. Nessuna saggezza può venire dalla rimozione dei rifiuti.
E’ da questi, dal loro accumulo, dalla merda industriale del mondo che bisogna ripartire se si vuole pensare al futuro. I veloci, i progettanti,  i convegnisti, i giornalisti consumano voracemente il mondo e pensano di migliorarlo.

La lentezza sa amare la velocità, sa apprezzare la trasgressione, desidera anche se teme (quanta complessità apre questa contraddizione!) la profanazione contenuta nella velocità, ma la profanazione di massa non ha nulla della sacertà che pure s’annida nel sacrilegio, è l’empietà senza valore, un diritto universale all’oltraggio. Nessuna esperienza è più stolida della velocità di massa, della profanazione che non si sa.

 

lunedì 2 gennaio 2012

Un suggerimento, un invito

Allo scadere dell’anno di celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia, desidero suggerire a Monteverdelegge e a tutti i suoi vecchi e nuovi associati (non so adoperare l’asterisco che comprenderebbe maschile e femminile, e mi dolgo di non essere capace di dare un’unica desinenza ai due generi), desidero suggerire, dicevo, la lettura di un agile e sapido libretto, che coinvolge la storia di Roma, e d’Italia, e ancor più quella di Monteverde, anche al di fuori, al di là, al di sopra, e perfino al disotto del tema annuale del viaggio.
Si tratta di Roma 1849-Gli stranieri nei giorni della Repubblica ad opera di Brunella Diddi e Stella Sofri, entrambe a pieno titolo monteverdine e socie di Monteverdelegge, uscito da qualche mese per i tipi di Sellerio. Non da storica ne parlo, me ne guarderei bene, e le stesse autrici non si ritengono tali.
Agile per formato e per stile, sapido per lo sguardo (anzi gli sguardi) che, dal titolo stesso si comprende, allarga e al contempo stringe gli orizzonti della ricerca. Gli stranieri, le donne, doppiamente straniere. Si avvale di molti testi editi, e di un Mémorial inedito della legione polacca, e privilegia le testimonianze contemporanee, spesso delle parti avverse, sugli accadimenti.
Nel corso dei vari capitoli accade che lo stesso episodio venga narrato più volte: come se un obiettivo spostasse di continuo il proprio punto di vista, focalizzando un dettaglio prima trascurato, zoommando o allontanandosi dalla scena. Ne emergono personaggi interessanti, la scena si vivifica, nomi incontrati nei viali dei nostri parchi assumono fattezze e pensieri e carne e sangue, Laviron, Rozat, Della Vedova, Wern, Ledouc, percorrerli dopo avere letto quelle pagine dà nuovo senso al nostro passeggiare, si percepisce la speranza e il dramma, la generosità e l’intrepido coraggio di uomini giovanissimi e, ci tengo a sottolinearlo, di donne perfino più coraggiose, perché si trovano a dover sfidare i più retrivi pregiudizi, ivi compresa l’accusa, nemmeno velata, di essere donne di dubbia moralità, se non decisamente prostitute.
Non vi si parla, se non en passant, dei grandi protagonisti: è una storia minore, apparentemente, di quella parte un po’ invisibile della storia, che tuttavia fornisce i chiaroscuri che rendono il quadro più interessante e vero, popolato, animato.
Tra le sorprese più piacevoli segnalo una scelta stilistica di narrazione, della quale quasi mi sento colpevole a parlare, come se anticipassi la soluzione di un intreccio noir. Quella di far precedere alcuni capitoli da un “corsivo” che dal passato irrompe nell’oggi, e che a fronte del rumore delle armi, del sangue sparso, della concitazione dei comandi, delle urla dei feriti, fa apparire il presente come un ovattato e silenzioso incedere sulle tracce di quel passato. Elegante ed efficace.
Sorvolo sui moltissimi spunti, i dettagli, i primi piani, o le panoramiche: ognuno dovrà goderne per come vorrà. Voglio terminare con una considerazione non del tutto amara, che è la stessa del libro. A proposito del cammino delle donne verso l’emancipazione, alla mancanza, nella Costituzione della Repubblica Romana, di articoli sulla parità tra i generi, alla “moderazione” di Cristina di Belgioioso e al suo lucido sacrificare la causa femminile al più importante processo di unità nazionale, il libro chiude: Quanto all’altro riconoscimento (oltre alla parità formale sancita dall’art. 48 della nostra Costituzione), quello della partecipazione attiva delle donne al processo di unità nazionale, solo in tempi recenti la storiografia femminile si è impegnata a dare voce all’altra metà del Risorgimento. La madre patria ha figli, ma stenta a riconoscere le figlie.