lunedì 21 novembre 2011

Il viaggio oltre la frontiera: passaggi nel tempo e nella letteratura

Scorrendo le pagine di Furore (1939, prima ed.– Bompiani 2011, pp. 474) ho scoperto che il suo autore, John Steinbeck, ha vinto il Nobel per la letteratura nel ’62. Nello stesso secolo questo prestigioso riconoscimento è andato ad altri suoi connazionali: Sinclair Lewis (’30), O’Neill (’36), Pearl S. Buck (’38), Faulkner (’49), Hemingway (’54). Sei premi Nobel in poco più di trent’anni e in parallelo con le pubblicazioni di autori come Caldwell, Fante, Dos Passos, Capote, Mailer, Scott Fitzgerald e, poco oltre, Bellow, Salinger, Chandler,Henry e Arthur Miller. . . Tutti insieme – e chissà quanti ne dimentico - sono nomi da capogiro, le loro opere costituiscono l’anima letteraria statunitense della prima metà del ‘900. Con le loro narrazioni hanno riempito l’immaginario di tutti coloro che hanno conosciuto gli Stati Uniti grazie a pagine dense di ‘realismo’, prima di poter vedere in tv o al cinema sprazzi di vita reale nel ‘Grande Paese’, meta di sogni, ambizioni, desideri, di grandi successi e di penosi fallimenti.
Monteverdelegge ha scelto The Grapes of Wrath (alla lettera, "I frutti dell’ira") per ricordare il racconto di un memorabile viaggio dall’Est all’Ovest USA, epicamente rappresentato nel 1940 dall’omonimo film di John Ford, vincitore di due Oscar. Ma qui desidero ricordarlo anche come la descrizione di un passaggio: dalla depressione alla ricostruzione; dall’economia basata sull’agricoltura diffusa a quella concepita nei contesti urbani; dalla miseria locale a quella su scala nazionale e così via. “Se nel romanzo tipico degli anni ’20 – scrive W. Leuchtenburg in Roosevelt e il New Deal – l’eroe va alla stazione ferroviaria della cittadina di provincia per salire sul treno che dovrà portarlo alla metropoli piena di promesse, nel romanzo tipico degli anni ’30 egli è lasciato solo su una strada di grande comunicazione a chiedere un passaggio per una destinazione sconosciuta”.
Da qui prende corpo quel viaggio nell’intimo, nell’autocoscienza e nel dubbio che si affianca al viaggio vero e proprio on the road, celebrato da grandi autori americani, testimoni del vagabondaggio su strada e nella psiche come Kerouac, Bukowski, Ginsberg, Burroughs e altri. A distanza di un paio di decenni, scrittori così apparentemente lontani da quelli della generazione di Steinbeck – nato in California nel 1902 e morto a New York nel ’68 – hanno in comune con essi non solo l’amore per la strada ma anche quello per la natura. Ed ecco apparire subito nel nostro immaginario americano le grandi nuvole spostate dal vento, le nubi rosse di polvere e quelle grigie cariche di pioggia, oppure i rigagnoli d’acqua che solcano la terra arida e con il fango disegnano le orme e le tracce di tanti passaggi ripetuti nel tempo.
G.M.

sabato 19 novembre 2011

Erodoto illumina il presente

KAPUSCINSKI, In viaggio con Erodoto - qualche flash di sguincio

Ho amato per molte ragioni questo libro, e ho immediata voglia di rileggerlo, come se una sola lettura non fosse che un troppo veloce “sorvolare” sulle sue molteplici implicazioni, e l’ho subito regalato, e subito ne ho parlato con molti amici.

Sono state dette cose interessanti negli interventi dell’incontro di sabato 5 novembre, delle quali amerei ritrovare più numerose tracce sul nostro blog, interventi che forse durante l’incontro sono stati compressi dai limiti temporali, dal numero degli intervenuti, dalla timidezza individuale (molti che forse avevano voglia di dire qualcosa hanno taciuto, e forse finalmente scrivendo trovano un tempo più disteso e un’atmosfera più raccolta per farlo) e così via.

Tra gli ingredienti che nel libro mi hanno emozionato di più, il rapporto che K. ha stabilito con Erodoto e le sue Storie. L’assiduo ricorrere al testo del greco di provincia, insaziabilmente curioso e attento, con lo sguardo pieno di domande e aperto sul mondo, ha generato un’altra infinita serie di domande, attraverso le quali K. ci restituisce una figura dai tratti assai più che abbozzati, e ne fa un padre nobile, un maestro, il suo fratello gemello, a seconda delle circostanze, dei momenti. Un punto di riferimento imprescindibile.

Il testo di Erodoto viene utilizzato di continuo, quasi che fosse una sorta di Bibbia laica, per illuminare il presente, come se solo indagando il passato si potesse guardare il presente vedendolo davvero, e tentare di scoprire le ragioni di ogni uomo, e diventa il filo rosso che collega Congo e Cina, India e Iran.

Quello del libro di K. sembra quasi il viaggio, per antonomasia, e inizia dalle prime fantasie sul “varcare la frontiera”, espressione quanto mai densa di suggestioni, per concludersi con il pellegrinaggio alla città natale di Erodoto, Alicarnasso, omaggio finale a questo greco così consapevole, in maniera assolutamente eccentrica, della fondamentale uguaglianza degli uomini nella diversità delle culture e costumi e apparenze.

giovedì 3 novembre 2011

Kapuscinski, umanità e tolleranza


Quando mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sul libro In viaggio con Erodoto, di Ryszard Kapuscinski (Feltrinelli 2005, pp.259), ho pensato subito a quale ‘cappello’ avrei indossato. Quello del viaggiatore appassionato, in cerca di riscontri, analogie e differenze fra le mie opinioni personali e quelle riportate dall’autore su alcuni dei tanti Paesi descritti nel libro? Oppure quello legato ai (lontani) ricordi di studente del liceo classico, con la grammatica greca sul banco e un’antologia di autori del periodo ellenistico nel consunto zaino, già messo a dura prova dal trasporto del tomo I miti greci, di R. Graves (Longanesi 1954, pp.720)? O, ancora, avrei usato più semplicemente il ‘cappello’ del lettore avido di racconti di viaggio, mettendo a confronto lo scrittore e giornalista – ha lavorato per oltre 30 anni come corrispondente estero dell’agenzia di stampa polacca Pap – con stile, dialettica e capacità descrittive dei vari Chatwin, Hemingway, London, Theroux, Terzani, Goethe, ecc.?
Poi, riflettendo sul fatto che il libro ospita un ampio territorio, che va dalla cortina di ferro dell’Est europeo alle rivolte anticolonialiste e religiose asiatiche, africane e mediorientali degli anni ’50-70, mi sono reso conto di aver individuato un fil rouge: l’umanità e la tolleranza.
Pur affiancando i cruenti resoconti di Erodoto della guerra greco-persiana a quelli altrettanto sanguinosi verificatisi di volta in volta in Somalia, Iran, Uganda, Indonesia, Laos… dalle pagine mirabilmente narrate da Kapuscinski emergono un’umanità grandissima e uno spiccato amore per la tolleranza o, se preferite, un’inappellabile condanna dell’intolleranza verso l’altro, il diverso.
Per comprendere meglio l’importanza e il significato di scegliere l’opera di Erodoto come compagna di viaggi, piuttosto che un altro libro o un altro autore, mi sono tornate in mente le parole contenute nel proemio dello storico di Alicarnasso, l’attuale Bodrum, in Turchia:
Questa è l'esposizione della ricerca di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani non svaniscano con il tempo (. . .) in particolare egli ricerca per quale ragione greci e barbari combatterono tra di loro”.
Perché scoppia una guerra e perché miete tante vittime, indipendentemente dal colore della pelle e dalla professione di fede politica o religiosa? Perché nel cosiddetto Terzo Mondo continuamente si susseguono rivolte democratiche e legittime lotte per l’indipendenza e la libertà, senza che esse sfocino in una pace e in una stabilità durature? Questa e mille altre sembrano essere le domande, probabilmente senza risposta, che hanno accompagnato la lunga ‘ricerca’ di un corrispondente di guerra suo malgrado, un uomo instancabile e mai dimentico delle sue povere origini, vissute sul finire di una guerra che ha martoriato il suo Paese.
Colui che si ritrova quasi per caso a soddisfare un desiderio indicibile – “vorrei tanto varcare una frontiera” – ed entrando per la prima volta, a Roma, in un negozio occidentale, scopre che le commesse rimangono sempre in piedi e dicono “Grazie!” anche ai clienti che non comprano; oppure il timoroso viaggiatore, che si rifiuta di prendere il risciò a New Delhi per rispetto verso le miserie di una moltitudine dignitosa, è lo stesso uomo a cui, nel 2006, pochi mesi prima di morire, l’Università di Udine conferisce una laurea honoris causa in traduzione e mediazione culturale, riconoscendo il lavoro, svolto senza strilli e fanfare, al servizio della pace e della solidarietà umana.
G.M.